Un punto di riferimento per i nuovi migranti è nato a Roma
Associazioni riunite a Roma, dove la Sala Fredda di via Buonarroti ha ospitato la prima assemblea congressuale del Forum delle Associazioni Italiane all’estero (Faim) cui, ad oggi, hanno aderito 90 associazioni, in Italia e all’estero.
A fare gli onori di casa, a nome del Comitato promotore, Roberto Volpini, che ha citato il percorso iniziato due anni fa per “la necessità di dare rappresentanza all’associazionismo, così cambiato negli ultimi 20 anni”. Un cammino iniziato nel Cgie – con il documento sull’associazionismo approvato dal consiglio generale – che ha portato agli stati generali del luglio scorso, quindi alla costituzione del Forum a dicembre 2015 con un “atto costitutivo firmato da 20 associazioni e aperto a tutte le altre con l’intento di ripartire dal basso”. Un “cammino faticoso”, ha riconosciuto Volpini, indirizzato “su due binari: autonomia e pluralismo”.
“Chi siamo oggi? Oggi – ha sottolineato – 90 associazioni hanno aderito formalmente al Faim, il prossimo consiglio direttivo dovrà decidere sulle altre 30 che ne hanno fatto richiesta oltre i limiti che avevamo fissato”. L’impegno “forte” del Faim sarà “la costituzione dei forum paese, luoghi essenziali per far crescere la rappresentanza in ogni Paese”. Il Faim – ha sostenuto, commosso – “pensa al futuro, vivendo il presente e ancorato non al passato, ma alla memoria delle esperienze fatte finora”.
A Franco Narducci il compito di presiedere i lavori della prima parte dell’assemblea. Il Faim “è luogo di incontro e dibattito”, nato grazie ad un “lavoro enorme fatto per tenere insieme l’arco delle associazioni in Italia, ma soprattutto all’estero”, nate a seguito di “un esodo che ha coinvolto tutte le regioni italiane e che ha dato loro forma”.
Tra i messaggi arrivati per l’occasione anche quello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, secondo cui le associazioni “hanno storicamente svolto un ruolo cruciale di protezione, sostegno e assistenza” dei connazionali residenti all’estero “che, con il loro lavoro, hanno arricchito i Paesi che li hanno accolti”. Le associazioni, scrive ancora il Capo dello Stato, “hanno rafforzato il legame tra la Madrepatria” e quanti, all’estero “difendono l’identità culturale” ogni giorno. “Spero – conclude Mattarella – che il Faim permetterà di imprimere un rinnovato slancio alla attività” delle associazioni visto che “il loro operato oggi è quanto mai importante”.
Auguri di buon lavoro e estrema disponibilità a lavorare insieme è stata confermata al Faim anche dal segretario generale del Cgie,Michele Schiavone, e dalla presidente della VII commissione, Maria Chiara Prodi, che parlano di “sfide comuni” e propongono una “Giornata di confronto e di studio” al Faim che è “un ulteriore segno di vitalità delle associazioni italiane all’estero”.
I lavori sono quindi entrati nel vivo con la relazione di Pietro Lunetto (Belgio) “La Repubblica di tutti gli italiani: Costituzione, diritti e lavoro dell’Italia migrante”.
Con la riforma costituzionale, ha detto Lunetto, la rappresentanza degli italiani all’estero si ridurrà del 30%, visto che non ci saranno più i senatori. “A 70 anni dalla Costituzione, restano inapplicati molti dei suoi principi costitutivi”, ha ricordato. Se l’articolo 1 descrive la Repubblica come “fondata sul lavoro”, è ormai chiaro a tutti che sta avvenendo “un nuovo esodo di giovani connazionali, paragonabile a quello degli anni 60”, sotto gli occhi “indifferenti” del mondo politico.
I dati ufficiali che parlano di 100mila partenze l’anno scorso, non sono attendibili: “i dati degli altri Paesi, quelli che di arrivo, dicono altro e cioè – ha spiegato Lunetto – che la cifra va almeno quadruplicata. Se per l’Italia in 43mila nel 2015 sono emigrati in Germania, per la Germania sono arrivati 200mila italiani; stessa cosa per il Regno Unito: 40mila per l’Italia, 160mila per la Gran Bretagna i nuovi arrivati”. Senza contare l’Australia. Il flusso, dunque, si attesterebbe sulle 250/300mila partenze, “cioè come tra il 65 e il 70”.
A fronte di questa situazione bisogna “Trasformare in opportunità quelli che possono sembrare problemi: il 15% di popolazione migrante può costituire un elemento di forza del nostro paese se la politica opera con lungimiranza”. C’è un “patrimonio umano che rivendica diritti, pronto a dare ancora di più di quanto fatto finora, ma deve essere ascoltato e servono risorse”.
“Credibilità unitarietà ed efficacia” le direttrici che deve darsi il Faim che ha di fronte a sé due “paradigmi: la competizione generalizzata oppure la cooperazione tra le persone”. È quest’ultima che “crea l’associazionismo, entro cui nascono momenti di confronto”.
La competizione, ha proseguito Lunetto, “ha portato a presunte vittorie dell’Occidente che hanno creato i disastri di oggi”.
Cioè i movimenti migratori che mettono in crisi l’Europa, ora ad un “bivio storico”. D’altronde le reti di Vienna o le concessioni per evitare la Brexit sono “segnali che ci dicono siamo già dentro un percorso di destrutturazione”. Un percorso che farà sì che “per un giovane italiano sarà più conveniente emigrare in Brasile che in Gran Bretagna; le espulsioni dal Belgio ci dicono che la libera circolazione riguarda solo merci e capitali, non le persone”. Vi deve quindi essere una “volontà politica condivisa” che consenta di “redistribuire le ricchezze” sostiene Lunetto prima di citare il rapporto Svimez e le cifre disastrose dell’occupazione al Sud.
Il “contributo dalla diaspora italiana può essere importante per evidenziare le contraddizioni, gli errori del Sistema Paese che vuole rilanciare la crescita e lascia andare le energie migliori verso altri paesi”, sostiene Lunetto prima di denunciare “la cancellazione di risorse all’emigrazione e all’immigrazione, che significa perdere occasioni storiche per il Paese”.
Il Faim “nasce per lavorare insieme come rete di associazioni, anche prescindendo dalla scarsa attenzione e nonostante l’indifferenza del Paese. Cadono le braccia a sentire che sono le pensioni all’estero a mettere nei guai l’Inps o che la riduzione dei fondi per gli italiani all’estero ha rimodulato la spesa del governo. Mai che si ricordi delle rimesse che hanno permesso il pareggio di bilancio nel passato o le tante pensioni pagate dagli enti esteri agli ex emigrati rientrati in Italia”. D’altra parte “la memoria non è una virtù di questo Paese”.
L’associazionismo “sopravvive se si adegua ai nuovi bisogni, in autonomia e contando sulle proprie forze”, ha aggiunto Lunetto. Il Faim si “assume la responsabilità importante per superare divisioni e metodi che hanno influenzato il passato”.
La cosiddetta “rappresentanza perfetta” formata da Comites, Cgie ed eletti all’estero “ha finito per assomigliare ad una riserva indiana” che indirizza le sue “energie solo per contenere i tagli ai capitoli di spesa” che finora hanno fatto capo alla Farnesina. Ma, si è chiesto Lunetto, “se la nuova emigrazione porta 200mila persone fuori confine, pensiamo che tutto questo possa essere appannaggio solo del Ministero degli esteri?”. Per questo “un altro obiettivo del Faim sarà stringere alleanze e ampliare il ventaglio degli interlocutori istituzionali dei paesi di accoglimento e dell’Unione Europea”. Ci sono associazioni che “già operano in questa direzione”, quindi compito del Faim sarà “diffondere queste buone prassi e mettere in rete queste esperienze”.
Il Forum è “pluricentrico”, ha aggiunto Lunetto. Basta con le associazioni “troppo centralizzate”, sì alla riscoperta dei “valori fondanti” come “la solidarietà, la responsabilità collettiva, il senso civico, la capacità di ascolto e relazione, la contaminazione culturale. No all’autoreferenzialità e alle presunzioni italo centriche”, ha ammonito. “L’individualismo sfrenato ha messo radici anche all’interno dell’emigrazione italiana”. Ora occorre essere “capaci di innovare, di innestare nelle associazioni le energie della nuova emigrazione” per “ricomporre il tessuto connettivo dell’emigrazione, superando le divisioni del passato”.
Le associazioni hanno un “patrimonio di competenze e storie, che può essere la base per azioni nuove e dare un contributo all’evoluzione politico-sociale dei Paesi in cui viviamo”.
Occorre “spostare la discussione su un piano più alto, per esempio per utilizzare i fondi comunitari non spesi negli ultimi 5 anni per il programma interregionale 2016-2021”. Occorre una “nuova etica nelle relazioni internazionali, perché siamo ponti tra realtà diverse, perché sappiamo che emigrazione e immigrazione sono lo stesso fenomeno visto da due prospettive diverse”.
“Conoscere la nuova emigrazione aiuterà il lavoro del Faim che vuole diventare un punto di riferimento per i nuovi migranti, per accompagnarli, coinvolgendo anche chi oggi non è dentro al Forum”, magari in un “incontro internazionale da programmare alla fine del 2016”.
Da ultimo, Lunetto cita gli obiettivi organizzativi del Forum, “a cominciare dalla comunicazione interna ed esterna, con una piattaforma web”; e poi “diffondere buone pratiche a tutta la rete; strutturarsi anche informalmente per ambiti e aree di lavoro per valorizzare le tante competenze presenti nelle associazioni. Oggi – ha concluso – passiamo alla fase esecutiva del Forum per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati”.