Giocare con un iPad è più facile che parlare con la gente
“Temo il giorno in cui la tecnologia supererà l’interagire umano. Il mondo avrà una generazione di idioti.” La frase è di Albert Einstein. Mi giunse allegata ad una sequenza di fotografie di adolescenti: in barca, in una galleria di quadri, davanti una pizza, ecc. Non si parlano: aggeggio alla mano cercano chissà dove, lontano, comunque altrove, nell’etere, nel mondo dei gnomi e delle fate, nella pattumiera universale, il calore umano che essi non riescono a darsi. Tristezza infinita. Il pensiero va alla nostra adolescenza: sempre in branco si correva, si giocava, si litigava, si parlava. Cosí siamo cresciuti, in un difficile dopoguerra, e non possiamo capire e accettare l’infelice solitudine dei ragazzini di oggi. Fiumi di inchiostro sono stati usati per discutere l’alienazione da internet dei giorni nostri. Non c’è quindi nulla da aggiungere. Stamattina però Facebook mi provoca: “ciao, a cosa stai pensando?”. Mi venne in mente la frase di Einstein. Uso pochissimo le reti sociali: non per snobismo ma perché ritengo che leggere le esibizioni narcisistiche degli “amici”, talvolta mascherati da un profilo fasullo, sia pura perdita di tempo. Ignorare la rete sociale comporta però gravi conseguenze: l’indice di Klout, creato dalla Harvard Review, ci assegna, in una scala da 1 a 100, il nostro quoziente di influenza nelle reti, e vi sono già datori di lavoro che scelgono le persone in base al punteggio. Il mio è bassissimo. Lo ho misurato: me ne sono vergognato e mi sono ripromesso di moltiplicare la frequenza degli interventi in rete, per dire la mia su ciò che conosco e su ciò che non conosco. Ho deciso di aumentare di varie migliaia il numero degli “amici” e di ricercare le amicizie tra i VIP. Cose che danno punti e aumentare il prestigio in rete è una questione d’onore. Poi ho letto le novità del giorno. C’è il politico, indagato dalla magistratura, che ci racconta la sua giornata con una ventina di messaggi. Noioso, non lo voterò mai. C’è l’animalista, di mezza età, che manda in onda foto di vezzosi animaletti. Tenerezza. Una sua coetanea, golosa, ci mostra foto di torte, dolcetti e leccornie varie: deve essere grassoccia. Orgogliose neo-mamme mostrano, e mostreranno per anni, il divenire delle loro creature. Poichè la pubblicità costa cara, gli avari approfittano della gratuità della rete per promuovere quel prodotto che, per ripicca, non comprerò mai. Il colto ci ricorda le poesie di Baudelaire e di Schiller, il neo-turista si fa fotografare sull’aereo, sulla spiaggia da sogno o in Times Square, il tifoso impreca contro l’arbitro o contro Vucinic, alcuni cittadini ce l’hanno con Monti, Berlusconi e tutti gli altri, gli introversi hanno bisogno di raccontare le loro pene, mai le gioie, senza bisogno di guardare negli occhi le persone alle quali si rivolgono. La rete sociale ruba cosí il lavoro all´analista permettendo un dialogo senza interlocutori critici. E pensare che è cosí bello parlare con gli altri, in amicizia, magari con un mezzo di barbera davanti. Terminata la mia lettura ho concluso che il punteggio che la rete mi assegna mi sta benissimo e non intendo cambiarlo. Sarebbe stupido ignorare l’importanza della rete: apprezzo l’essere legato con il parentado e con alcuni buoni amici, sapere di loro e far sapere di me in tempo reale. Ma le elucubrazioni di Klout mi disturbano, tanto più che non si può ignorare la grande farsa che fatalmente impregna la rete sociale. Conobbi per esempio tempo fa una persona che decise di prendersi gioco della rete e creò, nel tempo, vari personaggi di cultura, età, ceto sociale diversi, e li gestisce con sommo divertimento. Uno di questi personaggi è una signora giovane, bella, di buona famiglia, ricca e intelligente che nel giro di pochi giorni ha ricevuto alcune migliaia di richieste di “amicizia”, tutte accettate. Ho avuto accesso alla sua “chat”: i dialoghi sono esilaranti quanto banalmente sciocchi. Si torna quindi all’idiozia di cui parla Einstein, fatta di ignoranza, narcisismo, solitudine e soprattutto di superficialità, e alimentata dalle carenze didattiche della scuola moderna che non insegna ad esercitare la critica e a parlare la nostra lingua con proprietà di linguaggio e elaborazione logica e completa della frase. Ma lo sforzo mentale affatica e il giovane di oggi non ama faticare.