Comunità Italiana

La ripresa italiana passa per il green

Le imprese che hanno scommesso sull’economia verde generano più valore aggiunto, più innovazione e più occupazione

Le aziende green, in Italia, crescono di più, creano maggiore occupazione ed evidenziano una capacità di resistenza alla crisi superiore alla media. E’ il quadro che emerge da GreenItaly 2015, il sesto rapporto realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere in collaborazione con il Conai, che compie un’analisi dettagliata delle tendenze in atto nel paese con riferimento all’universo dell’economia verde. La buona notizia, per chi ha a cuore la sostenibilità ambientale, è che il green in Italia non è più un vezzo, una moda o un comparto di nicchia, ma una solida realtà dell’economia nazionale: secondo lo studio, infatti, un’impresa su quattro, dall’inizio della crisi del 2008, ha scommesso sulla green economy. Parliamo di 372.000 aziende dell’industria e dei servizi, ovvero il 24,5% del totale, che hanno investito in tecnologie verdi con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, di risparmiare energia e di contenere le emissioni di Co2. Scelte che si rivelano premianti per i protagonisti di questa silenziosa e progressiva riconversione industriale, considerato che l’universo della green economy ha generato 102,5 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,3% dell’economia nazionale. Anche il futuro occupazionale si tinge di verde, visto che in Italia gli occupati con competenze green sono oggi 2 milioni e 942 mila, ovvero il 13,2% dell’intero ammontare degli occupati. Una quota destinata a crescere ulteriormente, visto che sono previste altre 294.200 assunzioni, equivalenti al 59% della domanda di lavoro.  
— La vocazione italiana alla qualità si esprime in una tensione al futuro che ha avuto proprio nella green economy uno strumento formidabile per migliorare i processi produttivi e per realizzare prodotti migliori, più belli, più apprezzati e più responsabili — è il commento del presidente della Fondazione Symbola, nonché presidente della commissione Ambiente alla Camera dei deputati e numero uno di Legambiente Italia. Puntando sul green, non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha aperto la via dell’economia circolare. Un nuovo modello di sviluppo che somiglia molto a quell’economia a misura d’uomo, che rifiuta lo scarto ed è attenta alla custodia della casa comune, di cui parla Papa Francesco. Un’economia che vede finalmente l’Italia fare l’Italia, assumendo un ruolo strategico anche nei confronti del resto del Pianeta — ha proseguito Ermete Realacci.
Ed in effetti tutti i numeri di GreenItaly 2015 tendono a restituire un quadro estremamente positivo della linea di condotta italiana. Basti pensare che, soltanto nel 2015, sono state 120 mila le imprese che hanno investito sul green, segnando una crescita del 36% rispetto all’anno precedente.
— L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro sistema produttivo è stata funzionale alla crescita della qualità delle nostre produzioni e della loro capacità competitiva. E’ importante fare emergere, con queste analisi, l’Italia dell’innovazione che scommette sul futuro. Continuare a fare crescere questo volto ‘verde’ della nostra economia vuol dire anche adoperarsi per creare un contesto più innovativo e competitivo — è il punto di vista  del presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello.
Le Camere di commercio sono già coinvolte su questo fronte e intendono moltiplicare il proprio impegno, nella convinzione che oggi la scelta della sostenibilità non sia più rinviabile.

Il green genera maggiore fatturato
In base al rapporto di Symbola e Unioncamere, le aziende green, in ogni ambito, si rendono protagoniste di performance migliori rispetto al resto del sistema produttivo. L’export e l’innovazione, che hanno conseguito ottimi risultati, hanno dato vita ad una miscela virtuosa che è stata in grado di spingere e sostenere l’aumento del fatturato, lievitato del 19,6%, rispetto all’anno precedente, per le imprese che investono sul green, e cresciuto soltanto del 13,4% per le imprese a carattere non green. Numeri che si devono — come accennato — da una parte al maggiore dinamismo del green sui mercati esteri, con le aziende verdi che esportano nel 18,9% dei casi, a fronte del 10,7% del resto del sistema produttivo, e dall’altra ad una capacità di innovazione superiore, con il 21,9% delle aziende a vocazione green che hanno sviluppato nuovi prodotti o servizi, mentre solo il 9,9% delle aziende non green ha fatto altrettanto.
L’economia verde inoltre — come già abbiamo visto — dimostra di avere un impatto positivo anche sul piano dell’occupazione: basti pensare che nel 2015 è arrivata a generare il 14,9% delle nuove assunzioni, con punte del 67% nelle aree aziendali della progettazione e della ricerca e sviluppo. In termini numerici, la green economy nel corso dell’anno passato ha permesso la creazione di 74.700 nuovi posti di lavoro, che però salgono a 294.200 se si considerano anche quelle figure professionali che, pur non essendo inquadrate direttamente nell’ambito della green economy, sono comunque in possesso di competenze verdi.

Lombardia leader nazionale
La regione che ospita la capitale economica dell’Italia è anche quella che ha il maggior numero di imprese che ha investito sul green tra il 2008 e il 2014. La Lombardia, spinta da una Milano sempre più dinamica e al passo con i tempi, ospita 70.840 aziende verdi, pari a poco meno di un quinto del totale nazionale. Sul podio, seppure piuttosto distanziate, anche il Veneto e il Lazio, che contano la presenza di 34.770 e 31.010 imprese verdi. Seguono Emilia Romagna (30.710), Campania (27.920) e Piemonte (27.330). In fondo alla classifica le regioni più piccole: Valle d’Aosta (1.070 imprese green), Molise (2.050), Basilicata (3.290) e Umbria (5.930).
Naturalmente si tratta di una graduatoria che, espressa in termini assoluti, lascia il tempo che trova, visto che occorrerebbe considerare anche la dimensione geografica, la densità della popolazione e il numero complessivo delle imprese attive. In ogni caso è indicativo che le aziende green si concentrino soprattutto nel Nord-Ovest del paese, che storicamente rappresenta il cuore produttivo dell’Italia: l’ovvia conseguenza è che il maggiore numero di assunzioni, nel 2015, si sia concentrato in quella zona, arrivando a sfiorare le 26.000 unità (19.000 delle quali soltanto in Lombardia). Fanno la loro parte anche il ricco Nord-Est, con 15.960 nuovi green jobs, il Sud e le Isole (17.600) e il Centro (15.170). A livello regionale, oltre che in Lombardia, l’economia verde porta nuovi posti di lavoro soprattutto nel Lazio (9.410), in Emilia Romagna (6.390), in Veneto (6.210) e in Campania (5.030). Le province che hanno beneficiato di più dell’occupazione green sono invece quelle di Milano (11.450 unità), Roma (8.060), Torino (3.110), Napoli (2.860) e Bologna (1.780).  

Gli ingegneri energetici, ecobrand manager e statistici ambientali tra le nuove figure professionali
L’esplosione della green economy ha anche agevolato l’emergere di nuove figure professionali, sempre più specializzate, che hanno maggiori possibilità di ritagliarsi uno spazio nell’ambito di un mercato del lavoro che in Italia si presenta sempre più complesso e competitivo. Tra le nuove professionalità a carattere verde, sono particolarmente richiesti gli installatori di impianti termici a basso impatto, gli ingegneri energetici, gli ecobrand manager, gli esperti di acquisti verdi, gli esperti in demolizione per il recupero dei materiali, gli esperti del restauro urbano storico, i serramentisti sostenibili, gli esperti nella commercializzazione dei prodotti di riciclo, i programmatori delle risorse agroforestali, gli ingegneri ambientali, gli statistici ambientali e i risk manager. Altre figure in ascesa sono quelle dei tecnici meccatronici, che in ogni ambito dell’industria si occupano di mettere insieme l’elettronica, la meccanica e l’informatica, per rendere più performanti ed efficienti, anche sul piano energetico, i nostri motori, e quelle degli esperti in pedologia, la scienza che studia il suolo, la sua genesi, la sua composizione e le sue variazioni, soprattutto a fini agricoli.