Una delle novità più eclatanti del nuovo corso targato Matteo Renzi è il rinnovamento della classe dirigente e di governo. Il nuovo premier, d’altronde, deve la sua scalata politica prima alla testa del Partito Democratico e poi alla guida del Paese, a parole d’ordine come “rottamazione”, “ricambio generazionale”, “immissione di nuove energie”. Osservando come sono andate le cose, bisogna riconoscere che finora è stato di parola. Con un’età media dei ministri che si attesta intorno ai 47 anni, il governo Renzi è il più giovane della storia d’Italia. Certo, essere più giovani non significa necessariamente essere più capaci e più bravi, ma in un Paese dove per quarant’anni hanno deciso e contato sempre le solite facce, è un segnale non di poco conto. L’elemento davvero rivoluzionario, che contraddistingue il nuovo corso, riguarda però le donne: la metà dell’esecutivo è formato da esponenti del gentil sesso.
Già Berlusconi, in passato, aveva aperto alla presenza femminile dei ruoli di governo, ma le donne erano state quasi sempre relegate nei ministeri di secondo piano. Renzi, invece, non solo ha assegnato otto ministeri su 16 alle donne, ma ha attribuito alle nuove ministre incarichi di grande responsabilità: mai era accaduto prima, ad esempio, che una donna andasse al ministero della Difesa, dove Renzi ha piazzato Roberta Pinotti. Hanno ricevuto incarichi di primo piano anche Maria Elena Boschi, che da ministro delle Riforme costituzionali sta portando avanti i delicatissimi passaggi che potrebbero culminare in una ridefinizione degli assetti istituzionali di portata storica, ma anche Federica Mogherini (Affari esteri), Federica Guidi (Sviluppo economico), Beatrice Lorenzin (Salute) e Stefania Giannini (Istruzione, università e ricerca). Completano il quadro Maria Anna Madia (Semplificazione e pubblica amministrazione) e Maria Carmela Lanzetta (Affari regionali e autonomie).
Una svolta epocale, che assume ulteriore rilievo in un Paese che presenta enormi ritardi sul piano della condizione femminile: basti pensare che in Italia sono donne appena il 6,5% degli ambasciatori, il 31,3% dei prefetti, il 14,6% dei primari ospedalieri, il 20,3% dei professori ordinari e il 33,8% dei dirigenti di prima fascia. Inoltre più di 5 donne italiane su 10 sono senza reddito da lavoro e le poche fortunate percepiscono una retribuzione media pro capite inferiore ai 25 mila euro annui, contro i 31 mila euro di media degli uomini. La rivoluzione rosa, che Renzi ha avviato al governo, è proseguita all’interno del partito: il leader del Pd, in occasione delle ultime elezioni europee, ha preteso e ottenuto che tutti i capolista fossero donne: Alessia Mosca nella circoscrizione Nord Ovest, Alessandra Moretti nella circoscrizione Nord Est, Simona Bonafè nella circoscrizione Centro, Pina Picierno nella circoscrizione Sud e Caterina Chinnici nella circoscrizione delle isole.
— La valorizzazione delle donne è il vero segno del cambiamento, della rivoluzione che aspettavamo, del cambio di mentalità di cui questo Paese aveva bisogno. Le donne che Renzi ha portato al governo sono giovani, competenti e capaci di introdurre nel nostro Paese le riforme che tutti aspettavano, anche se nulla è stato semplice né scontato. Non è stato facile superare le resistenze dei vecchi burocrati e dei nuovi gattopardi della politica, sempre pronti a criticare e a giudicare, prima ancora di aver verificato il lavoro svolto — mette in luce l’europarlamentare — Ma alla fine noi donne siamo riuscite ad imporci e a smentire tutti — spiega Picierno a Comunità.
Pina Picierno, campana di 33 anni, è uno dei simboli del nuovo assetto
L’affermazione delle donne democratiche è corroborata dai fatti e dai numeri.
— Basta pensare al risultato delle europee. Renzi ha scommesso su cinque donne capolista, cinque donne riconoscibili per la loro attività politica e non catapultate dal nulla per abbellire una lista, come qualcuno si è divertito a raccontare nel suo blog —osserva.
I maligni sostengono che le scelte di Renzi non sono altro che marketing politico.
— Non mi sembra che la rielezione della Merkel, al suo secondo mandato in Germania, sia giudicata un’operazione di marketing politico. Perché, allora, dovrebbe essere marketing politico la candidatura di cinque capolista donne o l’aver affidato riforme importanti a due ministre? Siamo noi italiani a dover cambiare mentalità. Le donne, nel nostro Paese come in altre realtà, vanno avanti per le loro capacità e Matteo Renzi, a differenza di quanto avveniva in passato, ha compreso che occorre premiarle, così come hanno fatto gli italiani alle ultime elezioni — ribatte Picierno.
E aggiunge che“bisogna avere il coraggio di investire sui giovani e sulle donne, anche perché, dove non l’abbiamo fatto, purtroppo abbiamo perso”.
— Innanzitutto le donne sono multitasking e hanno una spiccata capacità di lavorare su più progetti contemporaneamente, in maniera meticolosa. La marcia in più è legata alle peculiarità che ci distinguono dai nostri colleghi maschi, perché siamo in grado di farci strada grazie all’impegno costante, agli anni di gavetta e al lavoro quotidiano — sottolinea.
Numeri alla mano, però, le donne sono ancora troppo penalizzate nell’ambito della società italiana.
— Nell’immaginario collettivo ci dipingono ancora ai fornelli o incapaci di parcheggiare un’auto, eppure il cambiamento del nostro Paese sta passando anche per le nostre mani, visto che siamo in prima linea nelle riforme della pubblica amministrazione e in quella del senato o che, come nel mio caso, siamo in trincea nella lotta alle mafie, un terreno che fino ad ora è stato quasi esclusivamente maschile. Però siamo ancora poche. Sono pochissimi, ad esempio, i direttori donna nella carta stampata, poche le donne manager di peso ed è così un po’ per tutti i ruoli chiave.
L’onorevole campana, ad ogni modo, si mostra ottimista:
— Le rivoluzioni non si fanno per decreto, ma avere una donna come presidente dell’Agenzia per le entrate e tante altre donne, fresche di nomina, nei vari consigli d’amministrazione, mi induce a ritenere che i tempi siano maturi.
Ma cosa occorre fare, per implementare il protagonismo delle donne nella società italiana ?
— Innanzitutto bisogna iniziare a favorirle nel lavoro, creando i servizi necessari. Chiunque, in Italia, conosce donne bravissime che hanno sacrificato la loro carriera per accudire i figli o per prestare assistenza a un genitore malato. Purtroppo il welfare passa sempre dalle nostre mani e ci ritroviamo spesso ad un bivio, costrette a scegliere tra la famiglia e la carriera, mentre gli uomini, in questo, sono molto più liberi, almeno culturalmente . Spetta a noi il compito di potenziare le strutture e i servizi, come i nidi e gli asili, in modo da consentire alle donne di tornare sui posti di lavoro.
In Italia si parla molto delle quote rosa, garantendo alle donne un numero minimo di posti all’interno delle liste elettorali:
— Sono favorevole, almeno fino a quando le cose, nel nostro Paese, non saranno davvero cambiate. Sarà possibile farne a meno solo se, finalmente, si dovesse iniziare a compiere le scelte esclusivamente in base al merito, in base a ciò che ognuno ha fatto e in base a ciò che ognuno è ancora in grado di dare.
La battaglia della Picierno, a favore della parità di genere, adesso è destinata a spostarsi su scala europea.
— Il parlamento europeo ha già fatto molto per i diritti delle donne, nella passata legislatura e continuerà a lavorare, ancora meglio e con ulteriore impegno, su questo argomento. Porteremo avanti le battaglie, già avviate, sul congedo di maternità e sulla presenza delle donne nel consigli di amministrazione delle grandi società. Per quel che mi riguarda, facendo parte della commissione budget, vigilerò affinché non vengano effettuati tagli al bilancio per il 2015. In particolare mi schiererò a difesa di tutti quei programmi che puntano a tutelare le donne e a combattere la discriminazione, tanto in Europa quanto nei Paesi in via di sviluppo — conclude Picierno.