Comunità Italiana

La vera Olimpiade

“Il Brasile è l’unico grande Paese al mondo dove la crescita e lo sviluppo sono stati accompagnati da una parallela drastica riduzione delle disuguaglianze”: con queste parole l’ex Primo Ministro italiano Romano Prodi ha voluto rendere omaggio al Paese che più di ogni altro ha saputo conquistarsi in questi anni un ruolo ed una credibilità forte e duratura sul piano internazionale.
Ho ascoltato (e condiviso) le parole di Prodi nel corso di un incontro tenutosi poche settimane fa nel cuore della campagna Toscana, in un piccolo centro in provincia di Siena dove si è tenuto per un paio di giorni un seminario parlamentare.
L’affermazione di Prodi – che oltre ad essere stato per due volte negli ultimi quindici anni Presidente del Consiglio italiano ha ricoperto anche il delicato e prestigioso incarico di Presidente dell’Unione Europea negli anni immediatamente precedenti alla realizzazione della moneta unica, l’Euro – merita un approfondimento ed una riflessione da parte di chi, come me ma anche (credo) di chi legge abitualmente questa rivista, segue con attenzione e magari con uno sguardo “italiano” le vicende di questo Paese continente chiamato Brasile.
Uno dei dilemmi della politica italiana ed europea di questi ultimi anni, infatti, è stato quello della cosiddetta “politica dei due tempi”: i governi europei, sostenevano in tanti, dovevano procedere con fermezza e rigore ad una forte riduzione della spesa pubblica (anche a costo di ridurre fortemente il peso delle politiche sociali e di conseguenza i servizi offerti ai cittadini in materia di sanità, previdenza e scuola) e solo dopo alcuni anni di questa cura sarebbero stati in in grado di riprendere il ciclo virtuoso che aveva caratterizzato il continente europeo come l’unica area del mondo dove era stato possibile coniugare sviluppo economico e welfare state.
Questo modello, a quanto pare, non sembra avere funzionato: l’Europa di oggi sta attraversando uno dei suoi peggiori cicli economici, contraddistinto da una crescita media molto bassa e da un generale impoverimento della popolazione, senza che al tempo stesso si intraveda ancora una via d’uscita sostenibile a questa crisi. E’ per questo che quanto è successo in quest’ultima decade in Brasile costituisce in Brasile qualcosa di straordinario. Mentre il Paese in questi anni cresceva ad un ritmo costante e sostenuto, ventidue milioni di persone uscivano dalla soglia della povertà grazie a specifiche politiche di carattere sociale; e tutto ciò non avveniva a scapito della classe media, che parallelamente si rafforzava divenendo per la prima volta (e non solo numericamente) dominante e di conseguenza protagonista del “boom economico” brasiliano. Sono consapevole che tale lettura può suonare riduttiva e semplicistica alle orecchie di qualcuno, ma credo trattarsi comunque di un dato di fatto statisticamente incontestabile e politicamente incontrovertibile.
 
Se è infatti vero che tale “miracolo” è stato reso possibile grazie ad una congiuntura
favorevole da un lato, e ad una disparità sociale arrivata a livelli così alti da rendere quasi obbligatoria una relativa riduzione, è altrettanto vero che gli altri Paesi del BRIC (Russia, India e Cina) in condizioni simili di crescita economica non hanno ridotto nella stessa misura le loro profonde disuguaglianze sociali. E’ probabile che la nuova Presidente del Brasile non incontrerà le stesse condizioni favorevoli trovate da Lula, a partire dal livello di espansione dell’economia mondiale: la sua sfida sarà quindi più difficile, e questo anche perché si tratterà, dopo aver ridotto le ingiustizie sociali più scandalose, di dare all’intera popolazione risposte serie in materia di educazione, sanità pubblica, sicurezza e infrastrutture. Solo dalla capacità di dare una risposta positiva e strutturale all’insieme di questi problemi sarà possibile far derivare un primo e compiuto giudizio sull’operato di Dilma Rousseff. Un giudizio che, parallelamente, ci dirà se il Brasile vincerà la sua speciale Olimpiade: quella di un Paese che si candida ad essere un vero e grande leader mondiale dei prossimi dieci anni.