Alla cerimonia di consegna dei premi De Sica il presidente solidarizza con gli operatori dello spettacolo che ieri hanno scioperato: "Capisco bene i motivi della protesta". Ricorda la grave crisi economica internazionale: "Ma adoperiamoci perché tutti si convincano che non è qui che bisogna tagliare". Poi giudica "inspiegabile" la chiusura dell'Eti. Replica di Bondi: "Era un ente inutile"
ROMA – Nella Sala delle Feste del Quirinale, davanti a una platea fatta tutta di personalità delle arti e del cinema, Giorgio Napolitano fa subito un riferimento al clamoroso sciopero 1 del mondo dello spettacolo: "So bene quello che vi inquieta, quello che vi assilla, i motivi della protesta che ieri ha attraversato il Paese". Ma poi passa subito a fare un discorso più generale: pur ricordando che "abbiamo da fare i conti con una riduzione, a cui non possiamo sfuggire, del nostro debito pubblico, nell'interesse delle nuove generazioni", fa capire chiaramente la sua contrarietà a una politica di tagli indiscriminati. "Questa via (quelle del risanamento, ndr) non la troveremo – sostiene – attraverso una mortificazione della risorsa di cui l'Italia è più ricca: la risorsa cultura, nella sua accezione unitaria. Adoperiamoci perché di ciò si convincano tutti e perché se ne traggano le conseguenze. Questo deve essere il nostro solidale impegno".
Un intervento forte, quasi un appello a continuare la mobilitazione, quello del presidente della Repubblica: i tanti presenti celebri – convocati al Colle per la consegna dei premi De Sica – applaudono a lungo, con tanto di standing ovation. A dimostrazione di una sintonia forte col capo dello Stato. Le sue parole, del resto, sono inequivocabili: "Non è mortificando la cultura che si sana il bilancio
Ma c'è anche un altro ospite, all'evento di questa mattina: il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. A cui Napolitano riconosce sì le promesse riguardo i fondi Fus e il sostegno al cinema, ma non rinuncia a giudicare "inspiegabile" la soppressione di enti come l'Eti. Il diretto interessato incassa, poi a fine cerimonia, braccato dai cronisti, chiarisce che la sua idea è assai diversa da quella del capo dello Stato: "L'Eti era un ente inutile".
E non basta. Perché il presidente della Repubblica, nel corso del suo insolitamente lungo discorso, di fatto smentisce anche la visione di un altro ministro: Renato Brunetta, che nei giorni scorsi ha messo in dubbio il fatto che lo spettacolo rientri a pieno diritto nel mondo della cultura. E invece Napolitano, in più passaggi, ribadisce con forza che bisogna "vedere i problemi dello spettacolo nel quadro più generale dei problemi della cultura, del suo ruolo e delle sue esigenze". E a riprova di questa visione compatta, non settorializzata, cita anche la lirica, i musei, i siti archeologici (con riferimento implicito al caso Pompei), i centri urbani, i luoghi paesaggistici "da preservare nella loro unicità: il patrimonio straordinario che abbiamo ereditato e che abbiamo il dovere di preservare e di valorizzare".
Parole che non possono non essere apprezzate dalla platea. Composta in primo luogo dai vincitori di quest'anno dei premi De Sica, presieduti da Gian Luigi Rondi: per il cinema Monica Bellucci, Riccardo Scamarcio (accompagnato da Valeria Golino), Lino Banfi, Antonio Capuano, Micaela Ramazzotti, Luciano Ligabue, Franco Interlenghi, Alessandro Gassman, la regista Giovanna Gagliardo, la produttrice FrancescaLongardi; per le arti Alberto Arbasino, Sandro Chia, Carla Fracci (l'unica altra standing ovation della cerimonia), Inge Feltrinelli, Antonio Pappano, Carlo Di Carlo, Luca De Filippo, Sergio Zavoli. E infine Guido Ceronetti, assente per motivi di salute, che ha mandato un messaggio letto dalla moglie Erica Tedeschi. In cui tra l'altro esprime la sua riconoscenza verso Napolitano, "statista vigile in un periodo di tanta amarezza e difficoltà della nostra storia nazionale". E i presenti, ancora una volta, applaudono.