Comunità Italiana

L’articolo 18

I politici italiani soffrono il successo dei tecnici e rivogliono il potere

Da settimane i media italiani non parlano d´altro. Esaurito l´argomento “spread”, parlano o sparlano dell´articolo 18. Il Governo lo vuole cambiare. Se ne discute in tono drammatico, pretestuoso o razionale, a seconda del colore della testata. Noi emigrati, italiani a metá, vediamo le cose da lontano e possiamo provare a parlarne con ragionata serietá, considerando soprattutto gli aspetti sociologici di lungo periodo.

L´art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, legge dal 1970, stabilisce in estrema sintesi che il lavoratore licenziato senza giusta causa ha il diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro. Cioé: le imprese non possono licenziare. Lo Statuto fu una grande conquista dei lavoratori italiani e dei sindacati. Erano anni di forte crescita economica, di epiche lotte operaie e dei delitti delle Brigate Rosse di Cesare Battisti. In quel mondo agitato la certezza della stabilitá del posto di lavoro dava sicurezza al lavoratore. Nel tempo l´art.18  contribuí non poco a irrigidire un sistema sociale giá poco incline alla mobilitá. L´italiano, si sa, poco ama il cambiamento. La magistratura, che tende a proteggere il piú debole, talvolta esageró. Due esempi: i tribunali reintegrarono nel posto di lavoro alcuni funzionari dell´aeroporto di Malpensa sorpresi a sottrarre oggetti dalle valigie dei viaggiatori,  nonché un cassiere di banca che aveva rubato. Le motivazioni: quei funzionari frugavano nelle valigie ma forse non rubavano e il cassiere era fisicamente depresso. Data la situazione, sempre meno le imprese assumevano nuovo personale. Il sistema andó loro incontro creando istituti giuridici che oggi regolamentano forme di contratto temporaneo di lavoro. Le imprese, utilizzando questi contratti, tornarono a riassumere e la disoccupazione si ridusse. Si stima che oggi vi siano in Italia oltre 4 milioni di “ precari”, cioé dipendenti con contratto di lavoro a termine, malpagati, socialmente non protetti e non coinvolti nella vita aziendale. In questo confuso scenario le imprese italiane e straniere ridussero gli investimenti. Non era l´art. 18, naturalmente, l´unica ragione per non voler investire; diciamo che ebbe la sua importanza.

Il Governo Monti propone ora riforme nella legislazione del lavoro. Si vuole razionalizzare la materia dei contratti a termine, dare protezione sociale ai precari, incentivare le assunzioni, proteggere meglio chi resta senza lavoro. L´Italia applaude. Si vuole anche modificare l´art.18, permettendo alle imprese di licenziare in determinati casi. Scatta la rivolta veemente dei sindacati, delle sinistre e dei lavoratori. Difficile dire ora cosa accadrá. Monti ha affidato al Parlamento la proposta di legge. I partiti la discuteranno per mesi, con livore e l´occhio alle elezioni. É ovvio che i sindacati, i lavoratori e le sinistre mai daranno il loro placet, quindi la modifica dell´art.18 non passerá, almeno nei termini proposti da Monti.

É evidente che un governo di tecnici, chiamato a governare dai partiti politici deboli che stavano portando il Paese al fallimento, operi su scenari macroeconomici di lungo termine e poco si preoccupi del consenso popolare, cioé del voto, che invece é ansia del politico. In una visione di lungo termine la modifica dei vincoli imposti dall´art.18 é obbiettivo strategico che, prima o poi, sará raggiunto. In tutti i paesi le imprese possono licenziare; ció che importa é dare protezione e nuove opportunitá a coloro che perdono il lavoro. In Brasile si puó licenziare e non vi sono rivoluzioni. In Italia essere licenziati a 50 anni é invece drammatico, soprattutto ora che c´é crisi e le protezioni sociali sono insufficienti. La rivolta dei lavoratori é quindi comprensibile. Essi sono peró le prime vittime della miopia dei sindacati e dei governanti che per decenni hanno gestito il mondo del lavoro difendendo il conservatorismo e le parrocchiette. Ma il mondo cambia, gli anni ´70 sono passati da un pezzo e Monti é stato chiamato per modernizzare l´Italia. La politica ora rivuole il potere. Conservare l´art.18 significa guadagnare voti e poltrone. La situazione é surreale: i politici vogliono Monti ma non accettano l´idea che cerchi di cambiare l´Italia.