Paesi Bassi
Nonostante la condanna per incitamento alla discriminazione, Wilders continua a raccogliere consensi. Sull’umore dell’elettorato olandese pesa la crisi dei migranti, con le richieste di asilo politico raddoppiate l’anno scorso e una moltiplicazione delle ronde cittadine. Anche se i dati ufficiali indicano una diminuzione costante dei crimini, dimezzati dal 2005 ad oggi in tutte le comunità presenti nel Paese, la sensazione di incertezza sembra spingere gli elettori tra le braccia del partito di destra xenofobo, anti-islamico e anti-europeista guidato dal ledaer dalla zazzera scintillante, galvanizzato dalla vittoria negli Stati Uniti di Donald Trump, al quale si è chiaramente ispirato per gli auguri per il 2017 (“Make The Netherlands Great Again”).
Per la prima volta i sondaggi lasciano sperare il partito di Winders, che i pronostici danno favorito nel nuovo Parlamento con 31-37 seggi su 150, prima forza del Paese davanti ai Liberali di Rutte, che potrebbero scendere a 22-26 deputati rispetto ai 41 attuali. I laburisti, alleati nell’attuale coalizione di governo, passerebbero dai 38 seggi conquistati quattro anni fa a 10-14. Anche in caso di vittoria, tuttavia, Wilders non avrebbe vita facile dal momento che gli altri partiti hanno tutti assicurato che non lavoreranno con lui per formare un governo. La responsabilità a quel punto passerebbe a Rutte che avrebbe tuttavia anche lui necessità di allearsi.
Francia
“Dopo la Brexit e l’elezione di Trump”, anche i francesi condividono la globale “aspirazione per l’indipendenza”: ne è convinta Marine Le Pen, che questa volta spera di riuscire a fare il suo ingresso all’Eliseo, riscattando il padre Jean-Marie, arrivato sulla soglia nel 2002 ma sconfitto al ballottaggio da Jacques Chirac.
L’aspirazione della leader, autrice di un profondo maquillage che ha svecchiato e ‘ripulito’ l’immagine del Fn, è sostenuta da una crescita costante del partito ultra-nazionalista di destra negli ultimi anni (alle amministrative nel dicembre 2015 ha conquistato il 28% dei consensi) ma viene tuttora considerata poco realizzabile da alcuni esperti, secondo i quali il Front National fa ancora troppa paura agli elettori francesi. Certo è che gli slogan per la tutela dell’identità nazionale contro la strisciante globalizzazione, l’immigrazione e la minaccia dell’estremismo islamico, in un Paese che negli ultimi 18 mesi ha vissuto tre gravissimi attacchi – dal massacro nella redazione di Charlie Hebdo agli attentati a Parigi fino alla strage sul lungomare di Nizza – fa proseliti anche tra fasce nuove, come i giovani sotto i 25 anni e le coppie omosessuali, e punta ora alle donne e addirittura alle comunità ebraiche.
Germania
Autunno caldo per i tedeschi: alle elezioni, la cui data non è stata ancora fissata, la Merkel cercherà la conferma per la quarta volta, con consensi stabili sopra il 30%. Restano però le tensioni nell’alleanza di governo con il governatore della Baviera (Csu), Horst Seehofer, e l’incognita dei Social-Democratici (Spd), di cui ancora non si ha la certezza del candidato, tra le voci insistenti a favore del vice cancelliere Sigmar Gabriel, e le notizie ondivaghe sul presidente dell’Europarlamento, Martin schulz. Dietro, l’AfD guadagna terreno: gli ultimi sondaggi, subito dopo l’attacco al mercatino di Natale a Berlino, davano i populisti al 15,5%, un risultato notevole per una formazione nata solo nel 2013.
La leader, Frauke Petry, nella lista di Politico dei 28 politici che stanno “agitando l’Europa”, gode di popolarità e rilancia le parole d’ordine del partito di destra euro-scettico per il futuro (tra cui la restituzione dei poteri ai Parlamenti nazionali e l’uscita ordinata dall’euro), sperando di far entrare l’AfD per la prima volta al Bundestag. Volto sorridente, sguardo deciso, non si nasconde neanche sul tema dei migranti: già lo scorso inverno, avevano suscitato scalpore le sue parole sul ricorso, se necessario, “alle armi da fuoco” da parte della “polizia di frontiera” per “fermare i migranti nel loro tentativo di entrare nel paese illegalmente”. E all’indomani dell’attentato a Berlino, la Petry aveva accusato la Merkel di essere “politicamente responsabile”, sostenendo che “avrebbe dovuto chiudere i confini ed espellere migranti irregolari e richiedenti asilo senza il permesso di soggiorno temporaneo già molto tempo fa”.