Il post sul social network del genitore della bimba morta a Brescia: abbiamo letto sui giornali che il corpo è sotto sequestro e che viene fatta l’autopsia. Ci si sente impotenti
«Impotenti, così ci si sente nell’affrontare una malattia infida e aggressiva come la malaria, nonostante la cordialità e l’impegno costante di medici e infermieri. Impotenti, così ci si sente quando i media ti assediano senza rispettare il tuo dolore».
Lo ha scritto in un post su Facebook il papà, Marco, della bambina di 4 anni morta per malaria il 4 settembre a Brescia, dopo i ricoveri a Portogruaro (Venezia) e a Trento.
«Impotenti, così ci si sente – prosegue l’uomo nel post – nell’apprendere dai giornali che il corpo di tua figlia è sotto sequestro prima e che verrà sottoposto ad autopsia poi, senza essere stati minimamente informati, neanche si trattasse dei beni di un malavitoso. Purtroppo ammalarsi in Italia non è una sfortuna, ma una colpa».
Il post è stato condiviso decine di volte e sono decine anche i commenti di cordoglio e vicinanza
Sono le parole di amici e conoscenti, che con abbracci e cuori esprimono comprensione per un dolore difficile da sopportare.
«Marco… siamo tutti addolorati per la grandissima perdita del tuo angioletto, non trovo neanche le parole per esprimere il mio dolore, io e la nostra famiglia ti siamo vicini, un grandissimo abbraccio» sono le parole di un amico. Ma scrivono anche sconosciuti, che tentano qualche parola consolatoria.
«Non ci sono parole. Il vostro è un dolore senza nome e voce che nessuno dovrebbe mai vivere. Vi sono vicina, pur non conoscendovi di persona. Un abbraccio forte» scrive una donna.
«Voglio accostarmi a voi in questo attimo di dolore, vi stringo forte e vi invio le mie più sincere condoglianze benché non ci conosciamo. Vi abbraccio con parole che non possono spegnere il dolore, ma in questa società fredda e sterile l’unica cosa che conta fare è stringersi insieme, siamo tutti esseri umani» si legge in un altro commento.
«Un abbraccio da una mamma e nonna vicina a voi perché la verità renda onore all’angelo Sofia».
«Non volevamo assolutamente invadere la riservatezza e il dolore della famiglia. Si è dato per scontato che fossero stati avvisati del nulla osta e volevamo soltanto accelerare le procedure».
Sono parole di scusa pubbliche che vengono dal procuratore capo di Trento, Marco Gallina. (Corriere)