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Home > Mancino: “Sì scudo per i parlamentari ma con un quorum del 65%”

Mancino: “Sì scudo per i parlamentari ma con un quorum del 65%”

08 de fevereiro de 2010 - Por Comunità Italiana

{mosimage}L'intervista. L'apertura del vice presidente del Csm: guai se si torna all'impunità acritica. Nel '93 firmò per l'abolizione dell'autorizzazione a procedere

 

ROMA – Fu lui, negli anni Novanta, a mettere su carta la necessità di abolire l'autorizzazione a procedere. E Nicola Mancino, oggi vice presidente del Csm, con Repubblica ammette che "il desiderio di tornare indietro non è mai passato". Dice sì all'immunità, ma con paletti ben precisi e rigidi. Che "la proposta arrivi non dal governo ma dal Parlamento", che "si preveda una maggioranza qualificata, oscillante tra il 60 e il 65 per cento, per respingere le richieste di autorizzazione dei magistrati", che agli stessi "si dia la possibilità di portare avanti le indagini". E comunque, dopo il legittimo impedimento, sarebbe allo stato naturale "fare solo il lodo".

Non la colpisce tutta questa "voglia di immunità"?
"Non è di certo una questione che cade improvvisamente sul tavolo del confronto politico. E non me ne meraviglio. Ritengo però che la memoria storica non deve essere mai archiviata quando si discute di modifiche legislative o addirittura di norme costituzionali".

Non sarà che, dal '93 a oggi, la "voglia" c'è sempre stata?
"È rimasta, pur sotto l'incalzare di Tangentopoli e all'indomani della modifica della norma costituzionale. Si arrivò finalmente all'approvazione del nuovo articolo 68 perché le richieste di autorizzazione a procedere venivano puntualmente disattese dal ramo del Parlamento interessato a valutarle. Ormai era costante una sorta di impunità, il travolgimento dello spirito dell'originario 68 che escludeva le autorizzazioni solo quando l'indagine appariva palesemente infondata e prevaleva la sensazione di un fumus persecutionis anche ragionato. La prassi parlamentare, negando senza fare differenze le autorizzazioni, bloccava invece sin dall'inizio l'accertamento delle responsabilità penali, per cui nessun magistrato poteva indagare sull'eletto".

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È stato lei, prima di diventare ministro dell'Interno, a presentare la modifica del '68. Fu avversata?
"La modifica era diventata inevitabile sotto l'incalzare di Tangentopoli. Certo, la tutela della funzione parlamentare fu introdotta nella carta costituzionale, ma con un spirito diverso. Lì c'era la saggezza del costituente. L'abuso era divenuto ricorrente quando un'istanza approdava in assemblea. Si andava in aula e si diceva no alle richieste dei magistrati, spesso anche con convergenze tra maggioranza e opposizione. Nel '93 la mia proposta fu ripresa dal compianto senatore Elia e fu approvata. Anche a malincuore, ma lo fu".

In questi 17 anni non le pare che sia sempre stato vivo il desiderio di tornare indietro?
"Di volta in volta, come pezza d'appoggio, si è accennato alle garanzie costituzionali presenti in altri paesi occidentali. Del resto, il nuovo 68 ha consentito comunque di svolgere indagini a carico dei parlamentari con il limite di tutelare il singolo deputato o senatore, di non sottoporlo a perquisizione personale o domiciliare, di non arrestarlo senza prima un via libera della Camera di appartenenza".

È possibile fare immunità e lodo, come Alfano annuncia che il governo vuol fare?
"Per me è preferibile che siano i parlamentari a presentare modifiche di norme costituzionali, piuttosto che irrigidirle come attività di governo e quindi di maggioranza, perché ciò condizionerebbe, sin dalla partenza, il libero dibattito parlamentare".

Lei è favorevole o contrario a ripristinare l'immunità?
"Se c'è la previsione di un quorum elevato, magari tra il 60 e il 65 per cento, per negare l'autorizzazione una volta che le indagini sono completate, io potrei anche convenire con la necessità di un ritocco all'attuale 68. Ma c'è sempre un limite: non torniamo all'impunità acritica".

Ma è possibile farli tutti e due?
"Tecnicamente si può fare, ma sono le forze politiche a stabilire se è possibile farlo simultaneamente, oppure in tempi separati, o ancora se farne soltanto una".

Dopo la legge sul legittimo impedimento quale strada vedrebbe di più?
"Il lodo coperto costituzionalmente".

Ma non c'è il rischio che la Consulta comunque lo bocci?
"Per il lodo bisogna fare comunque i conti con le pronunce della Corte, secondo cui una nuova norma della Costituzione deve rispettare il fondamentale principio d'uguaglianza stabilito dall'articolo 3. Ne consegue che la Consulta potrebbe sempre intervenire su una legge, pur di rango costituzionale, se essa appare in contrasto con un principio fondamentale della Carta medesima".

Le due protezioni garantirebbero maggiore uguaglianza?
"Alfano ha presentato un lodo, e dopo la pronuncia della Consulta, può proporre una legge con la copertura costituzionale, necessità imprescindibile che io ho sostenuto sin dall'inizio. Non mi meraviglierei che sia lo stesso ministro a presentare una proposta di lodo, mentre per l'immunità starei più attento perché si tratta di tutela, di privilegi, di limiti che è preferibile partano da un'iniziativa parlamentare".

L'immunità votata dalla sola maggioranza è una forzatura?
"Norme a tutela della funzione dovrebbero essere condivise anche dall'opposizione. Adesso io non dico che sia, o non sia giusto, perché spetta al Parlamento verificare se ci sono le condizioni per rivedere il 68. Ma, per evitare gli abusi che ci sono stati in passato nel negare l'autorizzazione anche solo ad avviare un'indagine, si potrebbe lasciare libertà di iniziativa da parte dei magistrati durante tutta la fase istruttoria e rimettere nelle mani del Parlamento la valutazione dell'eventuale fumus persecutionis. A indagine completata, il Parlamento sarà posto nella condizione di valutare se emerge il fumus, oppure se vi sono gravi indizi di colpevolezza a carico del parlamentare".

Fini apre all'immunità, ma sostiene che dovrà essere qualcosa di molto diverso da quella passata, e Giulia Bongiorno pone delle condizioni tra cui quella di escludere i reati commessi prima di assumere la carica e anche di stabilire per quali si ha diritto a questo privilegio. Sono vie percorribili?
"Concordo con Fini. Ma, se si decide di introdurre una norma a tutela della funzione, non vedo come si possa fare la differenza tra reati commessi prima di essere eletti e reati commessi nell'esercizio della funzione parlamentare. Quando sento dire che si vuole rinunciare all'immunità, non si tiene conto che questa è a tutela della funzione, e quindi non dipende dalla volontà del singolo".  

 
Fonte: www.repubblica.it

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A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.