“Sono molto felice di essere qui con Voi stasera e di prendere la parola di fronte a una platea così significativa di quel che la laboriosità e l’ingegno italiano hanno saputo realizzare all’estero. E non vi è luogo migliore, per condividere un’emozione, di questo straordinario Coliseo appena restaurato, grazie anche al generoso contributo della Città di Buenos Aires”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha salutato i connazionali riuniti al Teatro Coliseo di Buenos Aires.
“L’Argentina è un Paese al quale l’Italia è legata in maniera indissolubile”, ha aggiunto il Capo dello Stato. “È il Paese che ha sollecitato, accolto e favorito l’arrivo di milioni di connazionali che, con coraggio, affrontarono le incognite e le angosce di lunghi viaggi nella speranza di trovare una vita migliore lontani dalla Madrepatria. Loro, i “pionieri dell’emigrazione”, non sono più con noi, ma questo Paese accoglie i loro figli, i loro nipoti e i loro pronipoti. Con impegno e saggezza hanno saputo contribuire al divenire di un Paese al quale hanno offerto la loro piena lealtà”.
“L’identità argentina – ha sottolineato Mattarella – reca tracce di un legame insopprimibile, ben visibile in tutti gli aspetti della vita quotidiana, dalla cultura alla politica, dalla musica all’architettura, dalla gastronomia allo sport, pensiamo al calcio che appassiona così tanti di noi! Così come ben presente è il contributo che la cultura argentina – che segna in modo significativo quella del continente latinoamericano, in particolare del Cono Sur – ha recato al continente europeo, influenzando la vita dell’Italia e, con essa, di tanti Paesi europei. È davvero difficile poter separare in questa terra le identità. Davvero, anche per coloro che non sono diretti discendenti di famiglie italiane è possibile parlare, qui, di “italici””.
“Cari connazionali, a riconoscimento dell’opera instancabile di tanti italiani è la ricorrenza, sancita per legge, del “dia del inmigrante italiano”. Simbolico – ha osservato – è il giorno prescelto: il 3 giugno, il giorno seguente la Festa della Repubblica, come a simboleggiare una continuità ideale fra Argentina e Italia, nel giorno anniversario della nascita di Manuel Belgrano, padre della Patria argentina e figlio di un italiano di Liguria. La Repubblica italiana, – ha quindi ricordato Mattarella – all’art.35 della Costituzione, ha voluto riconoscere espressamente il valore dell’emigrazione, sottolineando, da un lato, il ripristino di questa piena libertà per i nostri concittadini. Richiamando, dall’altro, l’impegno a tutela del lavoro degli italiani all’estero. Viviamo tempi nei quali le questioni migratorie assumono nuovamente enorme rilevanza. I mezzi di comunicazione portano alla nostra attenzione immani tragedie, in cui i temi della solidarietà e della dignità della persona, si scontrano – prima ancora che con preoccupazioni legate alla sicurezza – con intolleranza, discriminazioni e diffusa incapacità di riuscire a comprendere ciò che è in atto, ciò che sta accadendo nel mondo”.
“In questa situazione, in questa occasione, – ha proseguito – non possiamo che volgere lo sguardo all’esperienza che la terra argentina ha vissuto e alle vicende che hanno attraversato il nostro Paese, fin da prima dello stesso raggiungimento dell’Unità d’Italia. Un fiume in piena quello che si riversò dall’Italia verso il resto del mondo: 803.000 gli emigrati nel solo anno 1906! In cento anni (1876-1975), emigrarono circa 26 milioni di italiani! Una nazione fuori dalla nazione! Ecco perché non c’è una sola storia d’Italia ma, accanto a quella del territorio nazionale, si è sviluppata una storia degli italiani: tante storie degli italiani, quante erano le comunità italiane trapiantate all’estero. La storia dell’emigrazione italiana è, prima ancora dell’Unità d’Italia, la storia unitaria del nostro popolo”.
“Ricordava, in modo puntuale, Ludovico Incisa di Camerana, in un suo scritto, che è all’estero che meridionali e settentrionali, sudditi di regimi diversi, si appropriarono, insieme, di una comune identità, quella italiana. È la storia di una immigrazione – ha aggiunto – incoraggiata con accordi tra governi, con lo scopo di alleggerire un corpo sociale ritenuto dalle classi dirigenti dell’epoca troppo denso, troppo pesante, misurato su quelle che si ritenevano essere le risorse dell’Italia. Una tesi, quest’ultima infondata, denunciava nel primo dopoguerra Carlo Rosselli. Per il leader di Giustizia e Libertà la tesi secondo la quale il pauperismo italiano fosse figlio della pressione demografica era totalmente infondata: lo dimostrerà la storia successiva. Nel 1961, Centenario dell’Unità d’Italia, a popolazione raddoppiata, il reddito pro-capite del Paese risulterà quadruplicato”.
“Ci sono tante storie – ha quindi osservato Mattarella – quante sono le ondate migratorie che si sono succedute, sino a quella del secondo dopoguerra, i cui effetti sono durati sino all’epoca del boom economico italiano, quando si è realizzata la previsione di Antonio Gramsci (del quale abbiamo appena ricordato gli ottant’anni dalla scomparsa). Il leader antifascista preconizzava con lo sviluppo del Paese, il venir meno della funzione dell’Italia come produttrice di riserva operaia per il mondo intero. Non va smarrito il ricordo di storie di sofferenza e di privazioni cui tanti emigranti di allora vollero rispondere con coraggio, affrontando esperienze sconosciute e riuscendo a porre le basi di una nuova e solida condizione di vita. Con coraggio e con lungimiranza: baste rammentare che, nel 1949, si trasferirono in Argentina ben 88 imprese italiane con i loro dipendenti, quasi un anticipo del processo di internazionalizzazione che ha caratterizzato le imprese italiane negli ultimi decenni, col passaggio dalla mera esportazione di beni ad un più penetrante rapporto tra economie”.
“Qui, possiamo ben dirlo, è nata l’italianità”, ha sottolineato. “Prima ancora di essere cittadini del Regno d’Italia, gli emigranti provenienti dagli antichi Stati peninsulari si sono riconosciuti italiani a Buenos Aires, in istituzioni e organizzazioni comuni. Qui è stata custodita, sin dai momenti di crisi del processo unitario del Paese, la nostra identità. Per questo la Repubblica italiana è grata a questa terra e a voi che, con il vostro lavoro e con il vostro ingegno, avete reso il nome d’Italia apprezzato e considerato. Non possiamo che guardare con riconoscenza e ammirazione all’Argentina. Un Paese che ancora oggi, su basi e premesse naturalmente diverse da quelle di ieri, mantiene aperte le sue porte a coloro che sono alla ricerca di una alternativa di vita. L’Argentina è tra le prime cinque destinazioni dei giovani italiani che decidono di intraprendere percorsi di lavoro e studio fuori dal loro Paese natale. Essi guardano alla vostra società con naturale interesse, per ragioni di affinità storica, culturale e linguistica”.
“Si tratta – ha rimarcato – di un ponte permanente: valorizzare la presenza di questi giovani è una delle missioni prioritarie che le nostre Istituzioni in Argentina si sono prefissate. È in loro, infatti, che si rinnova la storia e si continua a costruire un futuro all’insegna dell’unione tra popoli. Alla fine del XIX secolo Luigi Einaudi, primo presidente della Repubblica italiana, a conclusione di un viaggio in Sud America, notava come ogni aspetto della vita sociale e civile in Argentina fosse caratterizzato da chiari elementi di italianità. Una caratteristica che con il tempo, non soltanto non si è smarrita, ma si è accentuata, e si avverte ancora oggi forte e presente in tutta la società argentina, indipendentemente dalle origini dei suoi cittadini”.
“Cari Connazionali, Voi che rappresentate la Comunità italiana in Argentina, costituite una ricchezza per entrambi i nostri Paesi. Vi guidi la consapevolezza del ruolo che svolgete alimentando il legame che saldamente unisce i nostri Paesi e che va incoraggiato”, ha auspicato il Presidente. “Formazione, scambi di studenti e di esperienze, collaborazione tra imprese, attività culturali, studio della lingua: sono infiniti i campi di azione per chi voglia coltivare le proprie origini reinterpretandole in una chiave di modernità che è oggi imprescindibile. L’Italia fa affidamento su questo rapporto speciale che unisce due Paesi e due popoli e che unisce Europa e America Latina. Cari connazionali, La mia presenza qui e le numerose missioni istituzionali che hanno avuto luogo negli ultimi mesi costituiscono la conferma di un rapporto che si rigenera continuamente, cercando sempre nuove e più moderne strade per svilupparsi. Collaborazione tra Università, contatti tra piccole e medie imprese, presenza qualificata delle grandi realtà italiane, cooperazione scientifica e tecnologica, attività culturale intensa che vede nel nostro Istituto di Cultura e nello stesso teatro Coliseo due poli inesauribili di eventi: tutto ciò costituisce un ambito privilegiato di una opportunità che continua a rafforzarsi”.
“Vorrei concludere con un ringraziamento particolare ai rappresentanti delle Associazioni, molte delle quali presenti qui oggi: in esse si specchia la storia dell’emigrazione e dell’Italia. La loro attività – ha sottolineato ancora – ha dato continuità alla tradizioni e all’identità italiana, in Argentina come negli altri Paesi del Sud America. È una ricchezza da preservare, non solo nel ricordo del fondamentale ruolo svolto in passato, ma anche, e soprattutto, in chiave di rinnovamento, per il futuro: si tratta di un ruolo prezioso per le nuove generazioni e per vincere le sfide che un mondo, sempre più contemporaneo a se stesso e interconnesso, pone di fronte a noi. Su questo piano, – ha concluso – la comunità italiana d’Argentina sa dare l’esempio. Viva l’Argentina, viva l’Italia!”. (aise)