Incontrando il suo omologo greco, Prokopis Pavlopoulos, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: “È giusto che l’Unione europea chieda agli Stati membri di avere i conti in ordine e le finanze a posto, ma lo stesso rigore deve essere utilizzato anche quando gli Stati sono inadempienti sulla ricollocazione dei migranti”.
Mattarella fa riferimento, con ogni probabilità, da un lato alla lettera della Commissione europea, arrivata nei giorni scorsi al governo italiano, con cui si chiedono chiarimenti sui conti pubblici. La lettera potrebbe portare a una manovra correttiva da 3,4 miliardi di euro. Dall’altro alla questione della ricollocazione dei migranti, problema che coinvolge l’Italia come la Grecia.
L’Unione europea ha infatti adottato due Decisioni – atti giuridici vincolanti nel diritto comunitario – a settembre 2015, la 1523 e la 1601, che impegnano gli Stati membri a suddividere tra di loro per quote una parte dei migranti arrivati in Italia e in Grecia, per un totale di 160mila persone (40mila + 120mila). Non si applica a tutti i migranti, ma solo a quelli arrivati tra settembre 2015 e settembre 2017, e solo a quelli che provengono da Paesi ai cui cittadini in fuga è stata accordata la protezione internazionale nel 75% o più dei casi (in base ai dati Eurostat). Si tratta in concreto di siriani, iracheni ed eritrei.
I ricollocamenti sono stati decisi dal Consiglio – l’organo che rappresenta gli Stati dell’Ue – a maggioranza qualificata. Votarono contro Ungheria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Romania: non abbastanza per raggiungere una “minoranza di blocco” del provvedimento, che quindi è divenuto vincolante per tutti gli Stati membri. Unica deroga possibile è un rinvio di massimo un anno per l’accoglienza di massimo il 30% dei rifugiati, ma solo in “circostanze eccezionali”.
In base agli ultimi dati diffusi dalla Commissione europea, aggiornati al 12 gennaio 2017, gli “inadempimenti” di cui parla Mattarella persistono e sono gravi. Alcuni Stati non hanno accolto nemmeno un migrante, pur dovendone accettare migliaia: si tratta di Austria (0 su 1.953 che le toccherebbero), Ungheria (0 su 1.294), Polonia (0 su 6.182). Molti hanno fatto poco meno: il Belgio ne ha accolti 206 e deve accettarne ancora 3.606, la Repubblica Ceca ne ha accolti 12 e ne mancano 2.679, la Slovacchia ne ha accolti 9 e ne mancano 893. Anche i grandi Stati procedono a rilento: la Francia ne ha accolti circa 2.700 ma mancano ancora 17mila migranti perché raggiunga la sua quota, e la Germania ne ha accolti un migliaio a fronte di una quota di oltre 27mila migranti.
Nel complesso, dei 160mila migranti di partenza – che già rappresentano una minoranza del flusso senza precedenti che ha interessato l’Europa negli ultimi anni, oltre un milione di arrivi nel 2015 e più di 350mila nel 2016, secondo l’Unhcr – 98.255 sono stati distribuiti sulla carta tra gli Stati membri (per 61.745 ancora non si è trovato un posto). Di questi, 88.072 non son ancora stati ricollocati – l’89,6% – ed è palese l’inadempienza di diversi Stati, in alcuni gravi casi “totale”.
Dopo aver ipotizzato, a maggio 2016, una penalità di 250mila euro a migrante per i Paesi che rifiutano di accoglierli – idea che non ha poi avuto seguito – la Commissione europea sembra essersi rassegnata a gestire la questione con ampi margini di tolleranza verso gli Stati inadempienti. Eppure contro di essi, in base ai trattati europei, potrebbe avviare – non solo su richiesta di uno Stato membro, ipotesi che ha tentato e continua a tentare l’Italia, ma anche d’ufficio – una procedura d’infrazione per violazione del diritto comunitario. La sanzione più grave possibile sarebbe la sospensione del diritto di voto per il Paese in seno al Consiglio.
Se lo scostamento dell’Italia dai parametri economici europei (lo 0,2% del Pil) rischia di avviare una procedura d’infrazione per deficit eccessivo (un tipo specifico di procedura d’infrazione), “lo stesso rigore” citato da Mattarella dovrebbe portare la Commissione a un diverso e più severo atteggiamento verso quei Paesi che insistono nel rifiutare di accogliere la loro quota di migranti, violando le Decisioni vincolanti prese nel 2015.(AGI)