Il ministro: "Le decisioni della magistratura vanno accolte anche quando non ci piacciono". I tre davanti alla fabbrica ma non entrano. Camusso (Cgil): "Dall'azienda motivazioni pretestuose"
ROMA – Aumentano appelli e interventi contro la decisione della Fiat di non consentire ai tre operai di Melfi, prima licenziati poi reintegrati dal giudice, di tornare a lavorare in fabbrica. La richiesta all'azienda di applicare la sentenza arriva da più parti, dai sindacati al governo, attraverso le dichiarazioni del ministro Matteoli. Intanto Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, che oggi si sono presentati di nuovo davanti ai cancelli della fabbrica senza però entrare, hanno scritto al presidente Napolitano, chiedendo di intervenire nella vicenda "per farci sentire lavoratori, uomini e padri".
La lettera a Napolitano. "Ci rivolgiamo a lei, presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi" hanno scritto i tre operai in una lettera indirizzata a Giorgio Napolitano. "Signor presidente – proseguono – per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare". La decisione della Fiat Sata "di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione della legge" ma, aggiungono, "in uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi". Nella lettera i tre operai ripercorrono la vicenda, dal licenziamento all'ultima decisione della Fiat nei loro confronti, ossia "continuare a percepire la sola retribuzione" senza però "il diritto a essere reintegrati nella nostra postazione lavorativa" ma rimandendo "confinati nella saletta sindacale", distante circa 400 metri dal luogo di lavoro dei compagni. "Non sia senza significato precisare che soltanto due di noi sono Rsu – aggiungono – mentre Marco Pignatelli è un mero iscritto alla Fiom-Cgil e non avrebbe 'prerogative sindacali' da svolgere all'interno della saletta". In conclusione, i tre chiedono un intervento a Napolitano per "farci sentire lavoratori, uomini e padri".
Matteoli: "C'è una sentenza e va rispettata". "Le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere" ha detto il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli commentando la vicenda dei tre operai licenziati a Melfi 1e reintegrati dal giudice del Lavoro. "Se il nostro è uno stato di diritto – ha aggiunto il ministro al Meeting di Rimini – non lo può essere a fasi alterne. C'è una sentenza e va rispettata".
{mosimage}I tre operai davanti alla fabbrica. Anche oggi i tre operai sono tornati davanti ai cancelli dello stabilimento, ma questa volta non proveranno a entrare. Barozzino, Lamorte e Pignatelli, sostenuti da colleghi e da rappresentanti del sindacato, si sono fermati davanti all'ingresso B del reparto montaggio senza varcare la soglia, per evitare di essere nuovamente bloccati dalla vigilanza 2, come è accaduto ieri quanto i tre si sono presentati in fabbrica al loro turno. La Fiat li aveva invitati a rimanere a casa 3, impegnandosi a pagare loro lo stipendio fino al 6 ottobre, quando arriverà in tribunale il ricorso contro il reintegro 4. Ieri, dopo che i tre si sono presentati allo stabilimento, l'azienda ha proposto loro di fare solo attività sindacale senza avere accesso alle postazioni lavorative. I tre si sono rifiutati e la Fiom della Basilicata ha sporto denuncia contro l'azienda per mancata attuazione del provvedimento giudiziario. Gli operai stanno valutando con gli avvocati e la Fiom se richiedere allo stesso giudice che ha deciso il reintegro, Emilio Minio, di precisarne l'applicazione.
Camusso (Cgil): "Dall'azienda motivazioni pretestuose". La Fiat "deve rispettare" la sentenza della magistratura sul reintegro degli operai di Melfi anche perché le ragioni fornite "sono pretestuose" ha sottolineato la vice segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervenendo alla trasmissione radiofonica Radio Anch'io. "C'è una sentenza esecutiva della procura di Potenza – ha spiegato Camusso – e la Fiat deve rispettarla. Non c'e nessuno che possa esimersi dal rispettare una sentenza della magistratura con nessuna motivazione e quelle peraltro fonite in questa occasione dalla Fiat sono del tutto pretestuose".
"Nessuna distinzione tra Fiom e Cgil". Replicando nel corso della trasmissione al leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha accusato la Fiom di non rispettare le regole, la sindacalista ha tenuto a precisare che "non c'e nessuna differenza tra quanto sostiene la nostra organizzazione di categoria e quanto sostiene la Cgil, perché appunto va fatto rispettare un diritto che è quello del reintegro dei lavoratori". Camusso ha poi osservato: "Non penso che siamo caduti in una trappola, mi stupisce che un grande sindacato come la Cisl non capisca che se non si rispettano delle forme basilari che stanno alle origini delle relazioni sindacali non si può separare ogni pezzetto del percorso". "Bisognerebbe dire alla Fiat – ha aggiunto – con la nettezza con cui va detto, che fa parte di un sistema, di un Paese che ha delle regole e che quelle regole vanno rispettate da parte di tutti. E' importantissimo che la Fiat investa, noi l'abbiamo chiesto, rivendicato e sostenuto e non abbiamo nessun dubbio. Ma si investa secondo le regole e rispettando il diritto dei lavoratori".
Fonte: www.repubblica.it