La mossa degli spagnoli di Telefonica, che hanno acquistato Gvt, ha costretto Telecom a cambiare le strategie sia in Sud America che in Italia
Destini incrociati, tra Italia e Brasile, sul fronte delle telecomunicazioni. La mossa degli spagnoli di Telefonica, che hanno acquistato Gvt, la controllata brasiliana del gruppo Vivendi, ha costretto Telecom a rivedere le proprie strategie sia in Sud America che nello Stivale. Telefonica, infatti, ha deciso di scommettere forte sul Brasile: ha ceduto alla francese Vivendi un pacchetto di quote del 5,7%, che deteneva all’interno di Telecom Italia, insieme al 7,4% di Telefonica Brasile e a danaro fresco per 4,66 miliardi di euro. Un duro colpo per Telecom, che puntava ad espandersi, sul fronte sudamericano, proprio attraverso l’unione con Gvt e che invece adesso dovrà percorrere nuove strade. Il gruppo italiano, infatti, nei mesi scorsi aveva provato a far saltare l’accordo tra Vivendi e Telefonica sulla cessione di Gvt: con l’aiuto di Mediobanca, aveva rilanciato sull’offerta iniziale degli spagnoli, mettendo sul piatto 7 miliardi di euro, comprendenti una quota del 15% in quella che sarebbe dovuta diventare la nuova Tim, in virtù dell’unione tra Tim Brasil e Gvt, più il 20% del proprio capitale. Dopo un primo abboccamento estivo, i francesi hanno interrotto i negoziati con il gruppo italiano e hanno scelto di trattare in esclusiva con gli spagnoli. Telecom, in sostanza, non ha alzato posta e Vivendi ha accettato il contro-rilancio di Telefonica, che complessivamente può essere valutato intorno ai 7,45 miliardi di euro.
L’operazione è ancora in attesa del via libera dalle autorità brasiliane, ovvero Anatel e Cade, ma Telecom, a questo punto, non può fare altro che prendere atto del nuovo quadro relativo al Brasile. I vertici dell’ex monopolista sono in piena attività per studiare le contromosse, ma non sarà semplice individuare una strategia alternativa. Telecom, infatti, potrebbe valutare l’uscita dal Paese: si è già fatta avanti la rivale brasiliana Oi, attraverso la mediazione della Btg Pactual, la cosiddetta Goldman Sachs del Cono Sud, che in Italia è socia del gruppo bancario Mps. Stando alle indiscrezioni trapelate, però, l’operazione è particolarmente complicata, perché il progetto, che prevede lo spezzatino di Tim Brasil tra le concorrenti Vivo, Claro e la stessa Oi, aiuterebbe Telecom Italia ad abbattere il proprio debito, ma andrebbe a vantaggio esclusivo delle banche e non sembra incontrare il gradimento delle autorità brasiliane. La soluzione alternativa potrebbe essere, invece, la creazione di una sinergia tra Tim Brasil e Oi, che qualora trovassero un’intesa diventerebbero il leader di mercato nel Paese sudamericano.
Quel che è certo, in ogni caso, è che Tim Brasil fa gola a molti operatori, a partire proprio da Claro-America Movil e Vodafone.
— Res valet quantum vendi potest. Il piano originale di Telecom, sul Brasile, era quello di una crescita organica, ma l’ipotesi di aggregazione con Gvt è stata una parentesi che ora si è chiusa. Le operazioni si costruiscono su dei range di valutazione, rispetto ai quali i board danno un’autorizzazione e poi insieme ai board si decide fino a dove spingersi. Noi abbiamo deciso di darci una disciplina finanziaria, non abbiamo voluto fare nessun inseguimento al rialzo, come già aveva anticipato il nostro amministratore delegato — ha messo comunque in chiaro il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, che ha fatto ricorso ad una massima latina per rimarcare il valore di Tim Brasil.
I piccoli azionisti di Telecom hanno chiesto che non siano vendute né Tim Brasil né Telecom Argentina
Tim Brasile, dunque, potrebbe anche essere venduta, ma soltanto al giusto prezzo. Il disimpegno, ad ogni modo, non appare scontato, tanto è vero che Telecom si sta attrezzando per finanziare lo sviluppo in Brasile e l’acquisto delle frequenze, attraverso la vendita delle torri trasmissive presenti nel Paese, valutate intorno ai 750 milioni di euro. Un altro piccolo segnale è arrivato alla fine del mese scorso, quando il management di Telecom Italia, alla vigilia di una riunione del Cda, ha impartito una lezione di strategia ai consiglieri d’amministrazione, proprio sul tema del consolidamento in Brasile, Paese che pesa in maniera significativa, per circa un terzo, sulle attività di Telecom. Un’eventuale uscita dal mercato brasiliano, allo stato delle cose, costringerebbe il gruppo italiano a competere unicamente sul versante nazionale, peraltro ormai prossimo alla saturazione. Anche Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom, ha chiesto che non siano vendute né Tim Brasil né Telecom Argentina. Su questo secondo fronte, già da tempo, è stato raggiunto un accordo per la cessione degli asset al gruppo Fintech di David Martinez: l’operazione, che vale 960 milioni di dollari, sembra però essersi arenata a causa del default argentino, che ha provocato una serie ritardi nel rilascio delle autorizzazioni da parte delle authority locali.
Difficile prevedere il futuro dell’ex monopolista italiana delle telecomunicazioni
Il Sud America, insomma, si sta rivelando particolarmente ostico ed insidioso per Telecom. Difficile azzardare previsioni in merito all’evoluzione degli eventi in Brasile, anche perché in Italia la febbre è alta e si rincorrono voci contrastanti. Tra le tante, anche quella di un possibile soccorso da parte del governo italiano, che sarebbe intenzionato ad intervenire, ricorrendo al fondo strategico nazionale, pur di impedire la vendita della controllata brasiliana di Telecom. I riflessi dell’accordo tra Vivendi e Telefonica, nel frattempo, aprono nuovi scenari anche sul fronte interno: i francesi, infatti, con un pacchetto azionario del 5,7% e con l’8,3% dei diritti di voto, acquistano un peso notevole nei nuovi assetti di Telecom.
L’ex monopolista italiana delle telecomunicazioni non sembra proprio riuscire a trovare pace: d’altronde, dai tempi della privatizzazione, risalente al 1997, Telecom Italia è passata prima per le mani di alcuni big del capitalismo nazionale, come Roberto Colaninno e Marco Tronchetti, quindi ha iniziato a parlare spagnolo, con Telefonica nel ruolo di socio forte, mentre adesso è in procinto di assumere connotati francesi. Se però Telefonica era interessata quasi esclusivamente agli asset brasiliani, Vivendi sembra guardare soprattutto alla rete, uno dei maggiori punti di forza di casa Telecom. Il presidente del gruppo francese, Vincent Bollorè, è anche il secondo socio di Mediobanca ed è a capo di una media company che in Francia sta cedendo le attività telefoniche, ma che in Italia potrebbe puntare proprio sulla distribuzione di contenuti premium, dal cinema alla musica, attraverso la banda larga di Telecom. Ecco spuntare, dunque, l’ipotesi di una newco, che cavalchi il trend della convergenza tra telecomunicazioni e contenuti. Una prospettiva che sembra trovare ulteriori conferme nei contatti avviati da Bollorè con la famiglia Berlusconi, per valutare un eventuale investimento in Mediaset Premium attraverso Canal Plus.
Tra le tante notizie rimbalzate nelle ultime giornate, anche l’indiscrezione relativa agli appetiti di Sol Trujillo, ex ad del gruppo australiano Telstra: secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, Trujillo avrebbe avviato dei contatti con alcuni investitori, a partire dai fondi sovrani degli Emirati Arabi, per raccogliere circa 7,5 miliardi di euro da investire all’interno di Telecom, attraverso un aumento di capitale o attraverso l’acquisto di titoli sul mercato. Fermo restando che attualmente la capitalizzazione di Telecom Italia si attesta intorno ai 12,6 miliardi di euro, la notizia non ha trovato conferme negli ambienti ufficiali. Sono filtrati, però, altri particolari, che potrebbero fornire una patente di verosimiglianza all’eventuale operazione: il progetto dei nuovi investitori, guidati da Trujillo, sarebbe denominato Progetto Adriano e prevederebbe, tra le altre cose, l’indicazione dello stesso Trujillo al vertice operativo di Telecom Italia. Il quadro è in continua evoluzione e promette di riservare nuove sorprese, tanto sulla sponda europea, quanto sui due fronti del continente sudamericano.