Comunità Italiana

Orfini, sugli indagati si valuta caso per caso

“Le valutazioni vanno fatte caso per caso, non ci sono automatismi legati agli avvisi di garanzia, spetta alla politica assumersi la responsabilità di decidere. Ci sono persone indagate che possono continuare a svolgere il loro compito, altre che pur senza aver ricevuto un avviso di garanzia, è opportuno che si dimettano”. A risponde così il presidente del Pd Matteo Orfini a chi accusa il Pd di usare due pesi e due misure sulla presenza di indagati nel governo dopo le dimissioni del ministro Lupi.

Nel governo Renzi sono sei i sottosegretari indagati per vari reati: Davide Faraone, Giuseppe Castiglione, Filippo Bubbico, Francesca Barracciu, Umberto Del Basso De Caro e Vito De Filippo.

C’è poi il caso Nencini. Giulio Burchi, l’ex presidente di Italferr indagato nell’inchiesta della Procura di Firenze sulle grandi opere, avrebbe affidato un “incarico” di “componente dell’Organismo di Vigilanza” della “società Mobilità Serenissima srl” ad Enzo Collio, ex vice presidente di Metropolitana Milanese ed ex esponente socialista, “segnalato da Riccardo Nencini”, vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e segretario del Psi. E’ quanto risulta da alcune intercettazioni riportate in un’informativa del Ros dello scorso 20 settembre agli atti dell’inchiesta. In una telefonata dello scorso 11 settembre, infatti, “Maurizio Pagani, direttore generale della A4 Holding spa di cui è amministratore delegato Giulio Burchi – scrivono gli investigatori – chiede a Burchi conferma se il soggetto a cui affidare l’incarico di componente dell’Organismo di Vigilanza della società Mobilità Serenissima srl, è Collio”. E Burchi “conferma che il nominativo giusto è Collio, segnalato da Riccardo Nencini”. Nell’intercettazione Burchi dice: “Collio è stato vice presidente della Metropolitana Milanese … è quello di Nencini (…) quello lì me l’ha dato Nencini”. Il giorno seguente, si legge sempre nell’informativa del Ros, Burchi parlando al telefono con una donna conferma che “ha dato l’incarico a Enzo Collio”. E l’interlocutrice ribatte: “Sono contenta, hai fatto carità socialista … non cristiana”.

E’ lungo l’elenco dei politici che si incontrano nelle carte dell’inchiesta fiorentina sui grandi appalti. Ci sono gli indagati, che mettono lo zampino nell’aggiudicazione delle opere, ci sono quelli che ricevono favori, e ci sono i ministri. Maurizio Lupi viene tirato in ballo per i suoi “strettissimi rapporti” con il principale accusato, l’ex capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, Ercole Incalza, ora in carcere. Angelino Alfano è citato nelle vicenda di un’impresa che cerca aiuti per sbloccare uno stop imposto dal prefetto. I due esponenti dell’Ncd non fanno parte dei 51 indagati. Gli arrestati sono Incalza, il suo collaboratore Sandro Pacella e due imprenditori Franco Cavallo e Stefano Perotti. Secondo l’accusa, erano il ‘Sistema’ che pilotava le opere pubbliche, dalla tav a Expo. Dalla ricostruzione fatta dai carabinieri del ros e dai pm fiorentini, la qualità dei rapporti fra Incalza, Perotti e Lupi, oltre che sui regali e sul lavoro trovato al figlio del ministro, sarebbe emersa anche in occasione di alcuni passaggi della recente storia politica. Nel 2013, ricorda il gip, “dopo le annunciate dimissioni dei ministri Pdl/Fi (fra i quali Maurizio Lupi) Ercole Incalza anticipa” a Perotti “che l’incarico di ministro ad interim verrà ricoperto dal ministro per lo sviluppo economico Flavio Zanonato”. Perotti commenta: “Un macello”. E Incalza di risposta: “Un macello sì, va buo'”. Qualche mese più tardi, è il febbraio 2014, Perotti “mostra alla moglie tutta la sua preoccupazione per la possibilità che Maurizio Lupi non sia confermato come ministro per le infrastrutture” e, riferendosi alla possibilità che possa essere nominato Michele Emiliano, commenta: “No, il rischio è questo Emiliano, che sarebbe un magistrato, che è terribile”. La possibile esclusione di Lupi dal Governo, continua il gip, fa emergere la preoccupazione di Perotti, che a Franco Cavallo mostra l’esigenza di “chiudere le ultime pratiche”. “Non è chiaro – scrive il gip – a quali ‘ultime cose’ o ‘ultime pratiche’ alluda Perotti, quello che appare certo è che esse debbano essere ‘fatte’ o ‘chiuse’ prima che sia nominato un diverso ministro dell’Infrastrutture e che, pertanto, la presenza di Maurizio Lupi in tale dicastero sia una condizione essenziale per realizzarla”.

Ma il gip parla anche di interventi del ministro. L’ex direttore generale della metropolitana di Milano, Giuseppe Cozza, parlando con l’ex presidente del cda di Italferr, Giulio Burchi, “ricorda di aver subito le pressioni di Maurizio Lupi in favore di Franco Cavallo”. Mentre nel commentare l’arresto di Antonio Rognoni, “quello dell’Expo”, Burchi spiega: “Freddo ai piedi l’avrà il ministro perché era un uomo di stretta osservanza di Lupi questo, eh ma è Comunione e Liberazione”. La vicenda che chiama in causa Alfano riguarda l’inchiesta solo in via incidentale. Un imprenditore, Claudio De Eccher, “sottoposto a misura di prevenzione dal Prefetto di Udine” si rivolge a Cavallo, chiedendogli di sollecitare un “urgente intervento del ministro degli Interni”. Qualche minuto dopo, annota il gip, Cavallo “ha inoltrato la lettera di posta elettronica ricevuta da Claudio De Eccher al ministro Lupi, chiedendogli un incontro”. Il 18 luglio 2014, Cavallo, “dopo essersi incontrato con il ministro Lupi, ha telefonato a Claudio De Eccher dicendogli: ‘Io ho parlato con lui, aveva già parlato sia con l’avvocato sia con Angelino'”.

Il nome di Alfano viene fatto anche da un consigliere del ministero delle infrastrutture, Giovanni Gaspari, che, nel febbraio 2014, quando Incalza viene rinominato alla struttura di missione, sbotta: “E’ veramente una schifezza tale che non ne posso più, mi viene da vomitare, si sono scatenati tutti alla difesa di Incalza oggi, sono passati da Alfano a Schifani ai general contractor”. I rapporti di Incalza con la politica sono frequenti. Il gip scrive, per esempio, che utilizza la sua influenza per favorire l’assunzione del figlio di un “più volte deputato” e annota come mediti di avvisare Massimo D’Alema quando non gradisce un’intervista in cui Francesco Boccia critica una “certa alta burocrazia ministeriale”. Il gip ritiene poi che sia “da chiarire” il rapporto fra Pacella e un ispettore della Guardia di Finanza in servizio alla segreteria del viceministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini. L’ispettore si chiama Massimo Romolini, che oggi si dice “a disposizione per chiarire qualsiasi cosa”. Per quel che riguarda i prossimi passi dell’inchiesta, per domani è in programma l’interrogatorio di garanzia a Incalza, in carcere a Roma. “E’ un processo di corruzione in cui manca la materia prima, cioè i soldi”, ha detto il suo difensore, l’avvocato Titta Madia, che sta valutando la possibilità di sollevare la questione della competenza territoriale.

“Lascio il governo a testa alta”. Maurizio Lupi annuncia le proprie dimissioni da ministro anche alla Camera – in un’Aula dove ci sono soltanto un centinaio di deputati – ed apre la corsa alla sua successione alle Infrastrutture. Una decisione che ha avuto come atto successivo la consegna della lettera di dimissioni a palazzo Chigi e il colloquio con il presidente Sergio Mattarella al Quirinale. Matteo Renzi, impegnato a Bruxelles per il Consiglio europeo, ringrazia l’esponente di Ncd per il “gesto di grande dignità” e rassicura che non ci sarà “nessuna conseguenza di natura politica per il governo”.

Lascia difendendo il suo operato Lupi. Come annunciato conferma in Aula le sue dimissioni ma rivendica: “me ne vado a testa alta”. “Non chiedo garantismo – puntualizza – perchè dai pm non c’è nessuna accusa”. Il lavoro di questi 22 mesi al ministero – attacca – “non può essere cancellato in tre giorni”. Il premier Matteo Renzi prenderà per ora l’interim del dicastero ma fa sapere che il successore di Lupi ci sarà “in pochi giorni”. Il premier plaude all’esponente di Ncd parlando di “una scelta politica degna, di sensibilità, giusta e con motivazioni che capisco bene”. Una scelta di natura “politica”, puntualizza che non c’entra con le indagini. E assicura che non ci saranno conseguenze sulla tenuta dell’esecutivo.

Stretto tra il pressing, anche nella maggioranza, e la pubblicazione di nuove carte dell’inchiesta grandi opere che lo lambiscono, il titolare delle Infrastrutture ha dunque ceduto annunciando a ‘Porta a Porta’ che avrebbe lasciato il suo incarico. Per la successione tra le ipotesi c’è quella del presidente della commissione anticorruzione Raffaele Cantone. “A sole 72 ore dai fatti – ha detto Lupi – c’è la presa d’atto della necessità della mia scelta che sto compiendo e della mia comunicazione al presidente del consiglio e al presidente della Repubblica. A 72 ore dai fatti e a non da 72 giorni”.

Il ministro dimissionario parla in un’Aula semi-vuota. La Lega non partecipa protestando per il passo indietro annunciato in tv. Da parte di Alfano – attacca Matteo Salvini – su Lupi c’è stato “squallore politico e umano”.

Duro il Movimento cinque stelle con Beppe Grillo che lancia l’hashtag #EclissiDiLupi

Il Pd ‘blinda’ l’intesa governativa con Ncd. “Credo – dice il numero due del Pd Lorenzo Guerini – sia il momento di rilanciare con forza la volontà di lavorare insieme” a Ncd. “Stiamo facendo cose importanti per il Paese con tutte le forze politiche che partecipano alla responsabilità di governo. Continuiamo in questa direzione, ne ha bisogno l’Italia”.(ANSA)