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Per cambiare il futuro

17 de março de 2015 - Por Comunità Italiana
Per cambiare il futuro

Per cambiare il futuroL’Italia del volontariato resta attiva in Brasile con centinaia di associazioni che curano numerosi progetti e prestano assistenza in diverse zone del Paese, come nella città di Teófilo Ottoni

C’è un’Italia poco conosciuta, poco avvezza alle luci della ribalta, che in silenzio si dimostra laboriosa, solidale e sensibile ai problemi del prossimo. Un esempio emblematico è quello della Uai, una onlus che ha preso il nome da un’espressione popolare molto usata dagli abitanti dello stato di Minas Gerais. Uai è un modo di dire che denota stupore e meraviglia, un po’ come in italiano “caspita” o “per bacco”. L’associazione, che ha sede a Torino, ha aperto un canale proprio con lo stato, in particolare con la città di Teófilo Otoni e con alcuni comuni limitrofi. Anna Maria Poggio è vice presidente e memoria storica dell’associazione.
— Nei primi anni Ottanta il sacerdote Don Giovanni Lisa ed altri missionari piemontesi, che da alcuni anni si erano stabiliti a Teófilo Otoni, iniziarono ad aiutare la gente a costruire le proprie case, mettendo a disposizione il terreno della Chiesa e procurando i materiali necessari. Sono stati tra i primi religiosi ad affrontare il tema della mondialità e a comprendere l’importanza di prestare aiuto nelle zone più povere del mondo — racconta Poggio a Comunità.
I missionari italiani proposero ad alcune famiglie di unirsi tra loro, per dare vita al “mutirão” del quartiere Vila Esperança: il progetto partì con trenta famiglie divise in sei gruppi di lavoro. Tutti lavorarono sodo, senza fermarsi neanche di domenica e così, nel giro di poco tempo, sorsero sei case che vennero abitate da quelle stesse famiglie. In seguito, sul terreno donato dal vescovo, sorsero altri 220 lotti, alcuni dei quali furono riservati a strutture comunitarie come un asilo e alcuni negozi. Poco tempo dopo, nel 1995, anche Anna Maria arrivò a Teofilo Otoni.
— In quel periodo, per una serie di ragioni personali, decisi di dedicare una fase della mia vita ai poveri e dunque diedi la mia disponibilità a trasferirmi in Brasile. Ero già stata in India, dunque non mi lasciai impressionare dai problemi e dalla povertà, e piano piano mi inserii tra le persone del quartiere, una favela dove la vita era difficile, ma dove fui accolta con grande calore.
Don Giovanni Lisa e gli altri missionari, nel frattempo, avevano messo in piedi una serie di cooperative, per aiutare la gente del posto a creare una propria economia.
— C’erano diverse botteghe artigianali, come sartorie e falegnamerie, ed io diedi una mano all’interno di una panetteria. In seguito ci rendemmo conto delle grosse carenze che riguardavano i bambini, che in molti casi non andavano a scuola e finivano a fare una vita di strada — prosegue Poggio.
I volontari italiani decisero di provare a cambiare le sorti dei più piccoli, che rappresentano il futuro e la speranza di un popolo. Fu Anna Maria a prendere in mano le redini del progetto, denominato Casa Nazaré:
— I bambini non andavano a scuola perché nessuno li seguiva e nessuno si occupava di loro, così iniziai ad accogliere all’interno della casa in cui vivevo, piuttosto spaziosa, 15 bambini che arrivavano di mattina e altri 15 che arrivavano di pomeriggio. Insieme ad altri volontari, controllavo che fossero in salute, davo loro da mangiare, mi assicuravo che andassero a scuola e li aiutavo a fare i compiti.
Con il tempo il progetto prese piede e i bambini diventarono prima 60, poi 120 e infine i quasi 200 di oggi.
— Grazie agli aiuti italiani abbiamo costruito una nuova struttura da 500 metri quadrati, dove possiamo accogliere un numero più elevato di bambini e attualmente, anche grazie ai fondi della Cei, stiamo ultimando un altro fabbricato. Donare agli altri ci restituisce una ricchezza ancora maggiore e ciò è ancora più vero in Brasile, dove ho ricevuto un calore e un affetto senza pari. Non dimenticherò mai l’umanità e la bellezza interiore delle persone che ho conosciuto, così come non dimenticherò lo spirito di solidarietà di cui sono capaci quelle persone, nonostante i disagi e le difficoltà.
Quando parla del Brasile, le si illuminano gli occhi.
— Certo, ci sono ancora tanti problemi e tante carenze ma quando torno a Teófilo Otoni, ogni due o tre anni, mi sembra sempre di tornare a casa.
Poggio è stata testimone di tante piccole e grandi storie, sia individuali che collettive.
— Ricordo due sorelline di appena sei anni che avevano mille problemi. La loro nonna era alcolizzata, erano state abusate sessualmente in famiglia e sembravano destinate all’abbandono. Oggi hanno 26 anni e le sento spesso poiché sono entrambe su Facebook. Certo non si sono arricchite, ma mi riempie di gioia sapere che conducono una vita dignitosa e che sono riuscite a superare i loro problemi.

La criminalità e la droga, due piaghe ancora difficili da debellare
Non sempre, però, le cose sono andate nel verso sperato.
—Alcuni ragazzini che abbiamo avuto con noi, hanno scelto la strada della droga e in alcuni casi sono stati uccisi nell’ambito delle guerre per il controllo delle favelas — scuote la testa Anna Maria — Per fortuna si tratta solo di una minoranza, ma ogni ragazzo finito male rappresenta comunque un’amara sconfitta.
— Sono due mali che ho combattuto per tutto il tempo in cui sono stata in Brasile e una volta, dopo aver denunciato alla polizia i traffici di droga che avvenivano nel bar di fronte a casa mia, ho subito delle ritorsioni — racconta.
I volontari della Uai, che complessivamente sono circa sessanta, non percepiscono alcuna retribuzione: cinque o sei di loro, a rotazione, si alternano nelle attività in Brasile. Molti sono giovani che scelgono di sacrificare le proprie ferie e le proprie vacanze, per prestare aiuto alle persone meno fortunate.
Anche gli ultimi arrivati, ogni volta che partono per Teofilo Otoni, tornano a casa entusiasti:
—Tutti restano stupiti della grande accoglienza che ricevono e dalla grande umanità che trovano. Bisogna dire, però, che il loro inserimento è stato facilitato dalla reputazione che ci siamo costruiti presso la popolazione locale con decenni di duro lavoro.
La onlus torinese continua a portare avanti numerosi progetti.
— All’inizio fornivamo supporto alle attività educative, assistenza ai movimenti popolari, sostegno economico per la ristrutturazione delle scuole e per la realizzazione di una biblioteca e di altri edifici, e garantivamo il servizio sanitario attraverso l’invio di medici e infermieri.Ultimamente abbiamo attivato delle borse di studio per gli universitari, ci stiamo occupando dei problemi delle donne attraverso un Clube de Mães, abbiamo costruito un pozzo e una fabbrica-magazzino per i contadini.
Attività che richiedono risorse, sempre più scarse a causa della crisi economica che ha colpito l’Italia. Allo stesso tempo in Brasile, in seguito al boom economico degli ultimi anni, il costo della vita è lievitato in modo considerevole.
— Finora ci siamo finanziati quasi esclusivamente con le adozioni a distanza, che negli anni Novanta erano molto numerose e sono arrivate a toccare quota settecento. Negli ultimi tempi, invece, in Italia girano meno soldi e le adozioni sono diminuite, tanto che abbiamo dovuto bloccare il prezzo delle adozioni. Continuiamo a chiedere 200 euro per adozione, quando in realtà, per mantenere un bambino in Brasile, oggi occorrono almeno 600 euro — sospira la volontaria.
Da operatrice in prima linea nelle favelas del Brasile, la vice presidente della onlus ha visto mutare i connotati della povertà brasiliana:
— Per molti anni siamo stati noi a garantire l’assistenza sanitaria a Teófilo Otoni, costruendo un ambulatorio medico e inviando personale specializzato, che garantiva ai poveri quei servizi minimi ai quali altrimenti non avrebbero avuto accesso. Dopo l’avvento di Lula le cose sono migliorate e oggi il servizio sanitario è più diffuso. Allo stesso tempo non ci sono più i casi di denutrizione e di mancanza di cibo, che siamo stati costretti a fronteggiare fino a qualche anno addietro. La povertà, negli ultimi tempi, è legata soprattutto alla mancanza di valori, all’assenza di educazione e alla scarsa istruzione, che favoriscono il dilagare di fenomeni negativi come la droga e la prostituzione — osserva l’italiana.
Cultura e istruzione, in sostanza, sono la nuova frontiera della lotta alla povertà.

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.