Se il mercato del greggio e’ attualmente caratterizzato da un’abbondante offerta, la situazione potrebbe invertirsi nel prossimo decennio. Nel 2015 le scoperte di nuovi giacimenti sono scese ai minimi da oltre 60 anni, in quanto le compagnie stanno effettuando forti risparmi a fronte del tonfo dei prezzi, e dopo il 2020 l’offerta potrebbe rivelarsi insufficiente a soddisfare la domanda, causando un’impennata delle quotazioni. E’ quanto osserva il ‘Financial Times’, citando uno studio dell’istituto Ihs, secondo il quale lo scorso anno le esplorazioni hanno portato alla scoperta di 2,8 milioni di barili di petrolio, la cifra piu’ bassa dal 1954.
“La maggior parte delle nuove riserve che sono state rilevate si trovano offshore, in acque profonde, dove i pozzi richiedono una media di sette anni per entrare in produzione, quindi la flessione delle esplorazioni fa presagire un calo dell’offerta dalla meta’ del prossimo decennio”, sottolinea il quotidiano della City, citando un altro studio, opera di Wood Mackenzie, che stima in 4,5 milioni di barili al giorno il deficit di offerta rispetto alla domanda nel 2035: “Cio’ potrebbe significare prezzi piu’ alti e un mondo piu’ dipendente dai giacimenti onshore, dove la base di risorse e’ gia’ conosciuta, come nel caso dello shale statunitense”.
“Le dimensioni dei tagli negli investimenti in esplorazione e produzione sono ormai cosi’ preoccupanti da non poter che accelerare il calo della produzione e il conseguente movimento al rialzo del prezzo”, ha affermato Paal Kibsgaard, ad di Schlumberger, la maggiore societa’ di servizi petroliferi mondiale. Non e’ pero’ il caso di essere catastrofisti, sottolinea il ‘Financial Times’: l’aumento della produzione negli ultimi anni e’ stato legato soprattutto a giacimenti gia’ in attivita’ e, inoltre, “nelle recenti scoperte c’e’ stata una predominanza del gas rispetto al petrolio”.
La testata britannica ricorda che le due maggiori scoperte dello scorso anno – il sito di Zhor scoperto da Eni al largo dell’Egitto e il complesso di Greater Tortue scoperto da Kosmos Energy nelle acque di Mauritania e Senegal – sono giacimenti di gas naturale: “Nonostante la flessione delle attivita’, il volume complessivo di nuove scoperte di oil e gas e’ salito leggermente lo scorso anno ma la quota di petrolio e’ scesa dal 35% del 2014 a circa il 23% nel 2015”.
Se ConocoPhillips abbandona del tutto le esplorazioni offshore e altre compagnie, come la Chevron, praticano tagli drastici, il Financial Times segnala un’eccezione: Eni. Il quotidiano ricorda come Claudio Descalzi, Ad della societa’, a marzo descrisse l’esplorazione come ‘le fondamenta della nostra crescita’, rendendo Eni un’eccezione tra gli altri grandi gruppi petroliferi internazionali.
E parole di ottimismo arrivano anche dalla comunita’ scientifica: “Jonathan Faiman, presidente di Neos, societa’ che raccoglie dati geologici, ha affermato che il crollo delle esplorazioni ha creato ‘enormi opportunita” per chi ha abbastanza coraggio da investire”. (AGI)