I vescovi: «Dai giudici decisione che danneggia la laicità dello stato e alimenta diffidenza verso le toghe»
«ORA DI RELIGIONE PARTE DELLA NOSTRA CULTURA» – Per Coletti, dietro la sentenza del Tar c'è «un atteggiamento pregiudiziale anche se non del tutto ideologico», che rischia di «incrementare il sospetto e la diffidenza verso la magistratura». Non solo: il presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica ritiene, spiegandolo ai microfoni di Radio Vaticana, che l'ora di religione non va «a sostenere scelte religiose individuali», ma «è una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane». Coletti parla poi di «bieco illuminismo». «Se per laicità si intende l'esclusione dall'orizzonte culturale formativo civile di ogni identità si cade nel più bieco e negativo risvolto dell'illuminismo che prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversità e delle identità».
«NON TOCCA A NOI FARE RICORSO» – «Non credo – afferma poi l’esponente della Conferenza episcopale italiana – che tocchi alla Chiesa come tale fare un ricorso. Tocca a cittadini italiani, più o meno organizzati in partiti o in associazioni culturali, esprimere il loro parere, il loro dissenso, di fronte ad una sentenza così povera di motivazioni. Credo che lo stesso Ministero dovrà fare un ricorso, perché ciò che è stato messo sotto accusa non è un’opinione della Chiesa o dei vescovi, ma è una circolare del Ministero e qualcosa che attiene all’organizzazione della scuola di Stato».
LE CRITICHE DI AVVENIRE – «La decisione del Tar laziale ha già suscitato la legittima protesta dei docenti, per l'evidente tentativo, già per altro portato avanti anche nel recente passato, di emarginare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane», scrive da parte sua il quotidiano cattolico Avvenire. Per il giornale della Cei, siamo davanti a «un tentativo alquanto maldestro. La sentenza del Tar, infatti, arriva dopo la conclusione dei lavori della commissione paritetica Ministero dell'Istruzione-Cei, che ha deciso all'unanimità di passare dalla votazione con gli 'aggettivì (sufficiente, buono…) ai voti numerici. Quando la decisione sarà avallata dal Consiglio di Stato, anche il voto di religione – sottolinea il quotidiano cattolico – farà media e il problema dei crediti sarà quindi superato una volta per tutte».
REAZIONI – La sentenza continua dunque ad alimentare polemiche. Da una parte, le chiese evangeliche e i Valdesi esprimono viva soddisfazione per la decisione del Tar. Ed esulta Marco Rizzo, dei Comunisti Sinistra Popolare: «Finalmente si riconosce agli studenti il diritto a essere esaminati da docenti scelti con pubblici concorsi e non dal giudizio insindacabile delle curie vescovili». «Il Tar del Lazio ha ragione, la Cei ha torto: abolire l'ora di religione» afferma Franco Grillini, presidente di Gaynet. Dall'altra parte non mancano le critiche alla sentenza, giudizi negativi che arrivano in particolare modo dal Pdl. «Siamo di fronte ad una deriva anticattolica che non ha precedenti nella storia e nella tradizione del nostro paese» ha detto in una nota il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «La Gelmini dia mandato e impugni subito quella incivile sentenza» è la richiesta che viene dal deputato dell'Udc Luca Volontè.
L'ANM – E non è piaciuta all'Anm la presa di posizione della Cei contro la sentenza del Tar. Per il numero uno del sindacato dell toghe Luca Palamara «è legittimo che i provvedimenti giudiziari possano essere criticati e noi non possiamo che ribadirlo, purché – sottolinea – le critiche siano espresse nel rispetto di chi emette i provvedimenti. Colpiscono, nel giudizio espresso da monsignor Diego Coletti, quelle critiche che suonano solo come affermazioni generiche nei confronti di tutta la magistratura, e questa è una cosa che sentiamo molto».
Fonte: www.corriere.it