C’è molta attesa nei palazzi comunitari per la discussione europea sulla “web tax”, la tassazione delle imprese del settore digitale, in programma per venerdì prossimo a Tallinn durante la riunione informale del consiglio Ecofin. Tutti, a partire dalla presidenza estone, sembrano d’accordo sulla necessità di armonizzare la tassazione delle società a livello globale, per garantire a tutti eguali condizioni in termini di concorrenza ed evitare che gli Stati siano privati di importanti fonti di reddito, colmando il divario fra le regole fiscali internazionali perchè la tassazione sia equa.
Adesso bisogna capire cosa ne penseranno i ministri europei
Ma dopo la proposta presentata nei giorni scorsi da Italia, Francia, Spagna e Germania, a Bruxelles si cerca di capire quale direzione prenderà il dibattito dei ministri, anche perchè per qualunque decisione in campo fiscale serve l’unanimità. “I giganti del digitale devono pagare le tasse nei Paesi in cui i profitti vengono realizzati”, ha osservato la portavoce Vanessa Mock, ricordando che l’esecutivo comunitario sta lavorando in questo senso. “Siamo molto contenti dell’interesse politico per questa questione”, ha aggiunto, rinviando però ogni commento sull’ipotesi che la base imponibile della futura “web tax” sia calcolata sui ricavi anzichè sui profitti, ventilata dal documento dei quattro ministri dell’Economia.
Tassazione sulla base di un imponibile unico
La Commissione è quindi pronta a presentare la proposta di quadro legislativo europeo sulla tassazione del settore digitale, ma prima di muoversi vuole attendere un segnale politico, che potrà giungere già questa settimana dai ministri dell’Economia ma anche dai capi di Stato e di governo che si riuniranno sempre a Tallinn a fine mese per il “Digital summit” voluto dalla presidenza estone, particolarmente attenta alle questioni dell’agenda digitale. Quasi un anno fa, ricordano negli uffici comunitari, l’esecutivo Ue ha proposto che tutte le società che hanno sedi in più di un paese siano tassate sulla base di un imponibile unico (il cosiddetto CCCTB, acronimo inglese di Common Consolidated Corporate Tax Base): questo, secondo quanto si apprende, potrebbe essere il principio anche per una “web tax” internazionale. Non è la prima volta che la Commissione prepara proposte per la tassazione digitale: è già stata sul punto di farlo due volte in passato, nel 2012 e 2013. Ma allora gli Stati non erano ancora pronti a discuterne. Per le direttive fiscali, serve l’approvazione unanime dei Paesi.
La presenza di aziende, le tangibile e non
Le principali difficoltà della tassazione comune per le società dell’economia digitale derivano dalle profonde differenze nelle rispettive attività e dall’intangibilità di alcuni servizi. Se ci sono imprese (l’esempio classico è quello di Apple) che hanno anche una presenza fisica (attraverso i centri e i negozi), altre, come Facebook, sono solo “virtuali”. La loro presenza è diffusa ma non tangibile. La tassazione comune dovrà comprendere tutte le fattispecie e evitare le scappatoie per le società, e al tempo stesso avere una omogeneità sovranazionale, anche oltre l’Europa. In un documento di lavoro preparato dalla presidenza estone e anticipato dall’Agi la scorsa settimana, si propongono ai ministri tre spunti di riflessione: prima di tutto, sono chiamati a esprimere la propria opinione su come affrontare:
“le sfide di un’economia digitalizzata dal punto di vista di una politica fiscale nazionale”;
secondo, si chiede il parere sul modo migliore “per avanzare su queste sfide a livello internazionale”;
terzo, si chiede l’accordo a un primo passo: “L’Ecofin di dicembre dovrebbe concordare una posizione comune su come andare avanti e dare il suo input all’Ocse perchè proceda rapidamente a trovare una soluzione globale”. (agi)