Il 20 marzo hanno preso il via le riunioni nei circoli per votare i candidati alla segreteria del Pd. In totale sono 6.360 le sezioni in cui si vota fino al 9 aprile. A correre per la guida del partito sono Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. Entro il 5 aprile si riuniranno le convenzioni provinciali per stabilire il numero esatto dei voti per ciascun candidato ed eleggeranno i delegati della convenzione nazionale che il 9 aprile identificherà i 3 candidati ammessi alle primarie, previste per il 30 aprile, in turno unico. Il 7 maggio verrà proclamato il segretario vincitore che deve aver superato il 50% dei voti.
Entra nel vivo la battaglia per le primarie dem
Si potrà votare fino al 9 aprile nei 6.360 circoli del Pd sparsi per l’Italia, ma la polemica sui risultati e sull’affluenza è già scoppiata. I dati ufficiali ancora non ci sono e, come riporta Il Corriere dela Sera, se da un lato “Matteo Renzi e i suoi annunciano vittoriosi i primi dati, parlando di una partecipazione al voto superiore al 60% e di un vantaggio dell’ex segretario pd, Michele Emiliano aspetta i voti del Sud per recuperare in attesa delle primarie aperte. Intanto i sostenitori di Andrea Orlando (in recupero, al 29%) contestano l’ottimismo renziano”.
Sui dati regna la confusione
Ufficialmente non c’è nulla. I numeri arrivano dai comitati dei candidati. Secondo le informazioni più accreditate, fino a ieri sera si sarebbe votato in circa 1.300 circoli, un quinto del totale.
Chi appoggia chi
Enrico Letta voterà Andrea Orlando alle primarie dem. L’ex premier dice che darà “una ultima chance al Pd”, partecipando quindi alle primarie. La scelta di Letta, annunciata a “In mezz’ora”, cade su Orlando, come del resto quella di molti prodiani. Dario Franceschini ribadisce invece il suo sostegno all’ex premier: “Il centrosinistra ha già triturato troppi leader”.
Intanto gli scissionisti già si dividono
A un mese dalla nascita, i leader di Articolo 1 sembrano non trovare pace. Come sottolinea il Corriere della Sera nel suo ‘Retroscena’, “ad accendere gli animi degli ex dem non è solo l’apertura di Bersani al dialogo con Grillo, che ha gelato sia Rossi che D’Alema e spiazzato gli ‘spin’ del movimento. I nodi da sciogliere sono ancora tanti, sul piano politico e organizzativo. La prima faglia è questa, è la differenza tra chi arriva da Sel e chi dal Pd. Ma non basta. Risolto il rebus del simbolo, a far discutere i fuoriusciti sono il presunto strapotere dei bersaniani, il ruolo (suo malgrado) defilato di Rossi e certe scelte di D’Alema, ritenute da alcuni un po’ troppo imperiose. Difficoltà comprensibili per un movimento nato da un mese appena, ma che, se non chiarite, possono rendere accidentato il percorso e il rapporto con i possibili alleati. (AGI)