Il senatore pdl coinvolto nell'inchiesta che ruota attorno a Fastweb e Telecom Sparkle: «Contestazioni gravi»
{mosimage}MILANO – Primi interrogatori di garanzia a Regina Coeli all'indomani della maxi-operazione (52 ordinanze di custodia cautelare in carcere e quattro ai domiciliari) che ha preso spunto da un presunto maxi-riciclaggio da circa due miliardi di euro che sarebbe ruotato intorno ad operazioni eseguite da Fastweb e Telecom Italia Sparkle. A tenere gli interrogatori è il gip Aldo Morgigni, lo stesso che ha firmato i provvedimenti restrittivi, alla presenza del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare degli accertamenti insieme con il sostituto Francesca Passaniti. Ancora ricercato Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb ed ex amministratore delegato della società; tra gli arrestati Stefano Mazzitelli, già amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, mentre una richiesta di custodia cautelare è stata sollecitata per il senatore Nicola Di Girolamo (Pdl), del quale si sospetta che l'elezione sia avvenuta grazie all'intervento della criminalità organizzata. Nell'inchiesta, culminata nella richiesta di commissariamento delle due società Tlc, sono coinvolti anche l'attuale amministratore delegato di Fastweb Stefano Parisi e Riccardo Ruggiero, presidente del Cda di Telecom Sparkle.
DI GIROLAMO – Sul caso Di Girolamo si riunirà alle 13.30 la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato. All'ordine del giorno la «domanda di autorizzazione all'esecuzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Roma» nei confronti del senatore Pdl. Intanto il senatore si difende. «Non ho mai avuto contatti né con la mafia, né con la 'ndrangheta, né con la camorra. Sono stato una sola volta ospite in Calabria di un collega per una colazione elettorale e ci sono tornato, successivamente per ringraziare dopo l'elezione» ha spiegato Di Girolamo, accusato di rapporti con la 'ndrangheta e di violazione della legge elettorale tramite aiuti di mafia. «Da parte mia – ha detto in una breve conferenza stampa tenuta in un hotel romano – c'è l'esigenza di conoscere le carte per rispondere punto per punto nella sede propria ed uniformarmi anche con quella che sarà l'indicazione del gruppo». «Quelle che mi vengono rivolte – ha aggiunto il senatore pdl – sono contestazioni gravissime, accuse pesantissime e mi riservo di rispondere prima di tutto in Senato e poi alla magistratura» ha annunciato Di Girolamo sostenendo che darà «spiegazioni» alla giunta per le autorizzazioni del Senato. Quanto alle accuse di riciclaggio internazionale per cui la procura di Roma ne ha chiesto l’arresto, il senatore Pdl si è limitato a dire: «Sono fatti che non mi appartengono».
SWISSCOM – L'inchiesta nel quale è coinvolto Di Girolamo, ha travolto, come si diceva, i vertici Fastweb. L'ex ad e fondatore della società, Silvio Scaglia, è attualmente ricercato all'estero. Intanto Swisscom cerca una risoluzione rapida delle accuse che sono state rivolte alla sua controllata italiana. È quanto si legge in un comunicato diffuso mercoledì mattina dal gruppo svizzero di comunicazioni, in cui si ricorda che «Swisscom ha preso atto delle indagini e delle accuse formulate dalle autorità italiane. Al momento dell'acquisizione di Fastweb nel 2007, Swisscom era a conoscenza dell'indagine per evasione fiscale che si era verificata fra il 2003 ed il 2006». In particolare, prosegue ancora la nota, «Swisscom sta attualmente conducendo un'indagine approfondita in merito alle possibili implicazioni collegate agli ultimi sviluppi. Swisscom e Fastweb hanno offerto la loro piena collaborazione agli inquirenti».
LE TAPPE DELLA VICENDA – Il comunicato di Swisscom ripercorre le tappe della vicenda, spiegando che fra il 2003 e il 2006, «Fastweb ha acquistato e venduto servizi da fornitori italiani, con l'Iva inclusa nel prezzo d'acquisto. Nel gennaio 2007, Fastweb ha reso nota l'esistenza un'indagine nei suoi confronti. Secondo le accuse, i venditori hanno dato luogo a queste transazioni solo per evitare che quell'Iva, pagata da Fastweb, venisse poi versata al Fisco. Come risultato di questa indagine, è emerso che Fastweb non è mai stata pienamente rimborsata dell'Iva». La società svizzera ribadisce quindi che «al tempo dell'acquisizione di Fastweb nel 2007, Swisscom era a conoscenza delle indagini. Secondo due diversi pareri da studi di consulenza, le transazioni erano corrette e Fastweb aveva quindi il diritto alla restituzione dell'Iva. Tenendo conto delle informazioni disponibili al tempo, il rischio che l'Iva non potesse venire recuperata è stato contabilizzato nel prezzo d'offerta per l'acquisto di Fastweb». Swisscom si dice quindi «sorpresa dagli ultimi sviluppi: l'indagine è stata estesa a ulteriori soggetti. Sono stati emessi ordini di cattura contro 56 persone, fra cui 5 persone dell'ex management di Fastweb». Le accuse di violazione delle norme Iva, per un totale di due miliardi di euro di cui 40 milioni per Fastweb, sono state «integrate con accuse di riciclaggio di denaro sporco». La nota si chiude spiegando che i pm hanno chiesto il commissariamento per Fastweb, una soluzione che «secondo gli elementi in possesso al momento non pregiudica la continuazione delle attività aziendali».
Fonte: www.corriere.it