Una campagna elettorale “brutta e cattiva” si è conclusa qualche settimana fa in Brasile con la rielezione di Dilma Rousseff a Presidente della Repubblica; non sono infatti mancati colpi bassi e offese personali, insulti sui social-network e ricatti sui mass-media. Tanto i candidati quanto le rispettive “tifoserie” hanno accusato gli avversari di essere responsabili delle maggiori nefandezze nonché di provocare, nel caso di vittoria, un vero e proprio disastro sociale, economico ed istituzionale. La vittoria del PT, per i seguaci di Aecio, o quella del PSDB, per i seguaci di Dilma, avrebbe inesorabilmente portato il Brasile sull’orlo del baratro, e … “chi più ne ha più ne metta” (come si dice in questi casi).
Al di là della radicalità eccessiva e della evidente forzatura che stava dietro a tali affermazioni, che comunque evidenziano un processo di maturazione democratica ancora ‘in fieri’, ossia in costruzione, mi pare evidente che poco cambierà nel dibattito politico brasiliano e nella gestione della ‘res publica’ di questo Paese in assenza di una seria riforma politica.
E in questo senso ho ascoltato con piacere le parole pronunciate dalla Presidente appena rieletta nel suo primo discorso di ringraziamento.
I pochi anni di esperienza politica mi dicono infatti, confermando comunque una opinione pre-esistente, che non è possibile vincere la corruzione o avvicinare la gente comune alla politica con un sistema elettorale simile a quello attualmente vigente in Brasile: quanto costa infatti una campagna elettorale per i candidati di un collegio grande quanto uno Stato o, ancora, come è possibile mantenere un adeguato rapporto tra eletto ed elettore in circoscrizioni elettorali tanto grandi e numerose? E’ chiaro che dietro a questa prima distorsione si annidano alcuni dei vizi più evidenti di questo sistema, a partire dalla stessa corruzione politica.
E che dire poi dell’eccessiva frammentazione di un Parlamento eletto con il sistema proporzionale puro, che porta alla Camera dei Deputati ventotto partiti e che rende quasi impossibile la vita a qualsiasi Presidente della Repubblica, eletto invece sulla base di un sistema maggioritario e bipolare? Anche in questo caso siamo di fronte ad una incoerente distorsione istituzionale che rende deboli i governi, assoggettandoli in maniera pericolosa al ricatto politico (e solo a quello?) dei membri del Parlamento.
Un’altra cosa che ho imparato in questi anni di lavoro politico è che non esiste un sistema elettorale ed un ordine istituzionale perfetto; anche in Italia siamo alle prese da anni con questo dilemma e proprio in questi mesi stiamo provando ad uscire dal cosiddetto “bicameralismo perfetto” (Camera e Senato eletti alla stessa maniera e con le identiche funzioni legislative) e a migliorare una legge elettorale non ancora in grado di garantire a chi vince una solida e duratura maggioranza in Parlamento.
In Italia come in Brasile, quindi, siamo ancora alla ricerca di un modello politico in grado di garantire al tempo stesso il massimo di democrazia e di partecipazione, riavvicinando gli eletti agli elettori in un rapporto di tipo ‘virtuoso’ e non ‘vizioso’, insieme ad una governabilità stabile e funzionante, fondata sulla solidità e sull’omogeneità della maggioranza che sostiene e non sulla eterogeneità e vulnerabilità dei singoli parlamentari.
La strada forse è ancora lunga (non so se più in Italia o in Brasile) ma va percorsa con determinazione e coraggio e – soprattutto! – avrà bisogno (affinché l’esito finale sia positivo) del supporto costante e attivo della società civile e dell’opinione pubblica, entrambi ingredienti necessari per qualsiasi democrazia che vogliacontinuare a dirsi tale, rifuggendodai rischi del populismo o della corruzione.