Nelle intenzioni del governo c’e’ di incassare il via libera di palazzo Madama prima della pausa estiva, con l’obiettivo, annunciato ieri dal premier Matteo Renzi a Berlino, di procedere con il referendum a giugno 2016. Tempi stretti, quindi, che confermerebbero l’originario disegno dell’esecutivo di non modificare l’attuale testo del ddl, per evitare anche che si vadano ad intaccare i precari equilibri dei numeri e politici al Senato, dove la maggioranza non puo’ piu’ contare sui voti di Forza Italia. Ma sul cammino delle riforme si aprono nuovi fronti, sia interni al Pd che esterni.
All’indomani delle elezioni regionali, l’alleato di governo, Area popolare, ha annunciato l’intenzione di chiedere modifiche al ddl Boschi, con l’introduzione del Senato elettivo, uno dei punti cardini del testo costituzionale del ministro Boschi. E oggi e’ la sinistra Pd, con un documento sottoscritto da 25 esponenti, a tornare alla carica per la modifica del ddl, chiedendo l’elezione diretta del Senato. Insomma, la strada del ddl costituzionale si fa in salita. Al momento nessuna presa di posizione ufficiale del governo. Ma fonti della maggioranza Pd confermano la volonta’ di premier e partito di andare avanti spediti, senza modifiche. In realta’, mesi or sono, fu lo stesso Renzi, nel pieno del caos sulla riforma della Scuola, ad aprire a possibili modifiche, ribadendo invece l’intoccabilita’ dell’Italicum.
Tuttavia, stando alla posizione espressa ieri dal premier dopo il bilaterale con la Cancelliera tedesca Merkel, fanno osservare dal Pd, le aperture a possibili modifiche sarebbero state messe in stand-by. Certo, pesa su governo e Pd l’incognita numeri: se minoranza dem e Ap dovessero ‘coalizzarsi’ per ottenere la riapertura del dossier, il rischio di andare sotto per il governo a palazzo Madama diventerebbe reale. Rischio che viene subito evidenziato da Forza Italia: “Riforme di Renzi nel caos. Dopo il documento dei 25 della minoranza Pd del Senato, e con il nostro voto contrario, Renzi non ha i voti per approvare la riforma costituzionale del bicameralismo paritario”. E il premier, al momento, non puo’ contare sul ‘soccorso azzurro’ di Verdini che, sebbene non abbia mai nascosto la volonta’ di votare a favore, non ha ancora sciolto la riserva sulla nascita del gruppo dei ‘responsabili’. D’altro canto, se il governo dovesse acconsentire a rivedere uno dei pilastri portanti dell’impianto del ddl riforme, l’articolo 2, potrebbe andare incontro non solo al rischio dell’apertura di nuovi fronti, ma in quel caso i tempi si allungherebbero, in quanto il ddl dovrebbe poi riprendere dall’inizio il suo iter, visto che si sono svolte gia’ le due prime letture conformi. La minoranza dem garantisce: se la maggioranza e il governo aprono al confronto sulle modifiche, non ci sara’ alcun problema di ‘sgambetti’ o dilazione dei tempi.
I ’25’ chiedono anche che sia diminuito il numero dei deputati (in tutto 550) e siano ampliate le prerogative del Senato. La lettura bicamerale deve essere conservata su alcuni temi, “cinque, che per loro natura devono essere sottratte alla potesta’ della maggioranza di governo”, ha spiegato Gotor in conferenza stampa, riferendosi, ad esempio, ai temi sensibili come il fine vita, l’amnistia e l’insulto, i diritti delle minoranze, la dichiarazione di guerra, la tutela della liberta’ religiosa. Infine, fra i temi da compartecipare, Gotor cita la legge elettorale. E per i ’25’,il principio del ne bis in idem, ovvero l’impossibilita’ di modificare parti del testo che hanno avuto doppia lettura conforme, potrebbe essere superato con “un accordo politico”, e poi spetterebbe al presidente del Senato Pietro Grasso, ‘concedere’ il via libera alla modifica.
Anche ‘Sinistra e’ cambiamento’ chiede modifiche: tra le altre, bisogna “attribuire al nuovo Senato funzioni proprie di valutazione dell’attivita’ delle pubbliche amministrazioni, di verifica dell’attuazione delle leggi statali e regionali e di controllo delle politiche pubbliche”, spiega Matteo Mauri, secondo il quale “la strada migliore sia quella di sottoporre agli elettori la scelta dei componenti del Senato mediante la presentazione di liste collegate alle elezioni regionali”.
(AGI) .