Il 5 gennaio di quest’anno è venuto a mancare Tullio De Mauro, illustre linguista e docente della Sapienza. Mai come oggi il suo approccio innovativo allo studio della lingua italiana, legato alla funzione sociale e comunicativa della parola scritta e parlata, è vero e attuale. De Mauro analizzava l’analfabetismo di ritorno, cioè la perdita delle conoscenze acquisite, anche ai livelli più alti livelli del percorso scolastico, per il mancato uso del bagaglio linguistico nella dimensione quotidiana.
In questi giorni più di seicento docenti universitari hanno firmato un appello al Governo per chiedere di riformare l’insegnamento della lingua italiana nella scuola primaria e secondaria, denunciando l’abbassamento del livello culturale di laureati e diplomati.
La regola del “meno cinque” teorizzata da De Mauro
De Mauro aveva sintetizzato nella “regola del meno cinque” il fenomeno del regresso culturale negli adulti: se ciò che si è imparato a scuola non viene mantenuto attivo, da grandi si torna indietro di 5 anni rispetto ai livelli massimi raggiunti in gioventù. Una condizione che, per gli over 60 che non siano adeguatamente sostenuti nei processi di aggiornamento delle competenze, si aggiunge alla carenza di alfabetizzazione funzionale e tecnologica.
Purtroppo la realtà ha superato le previsioni di De Mauro. La situazione denunciata dai docenti firmatari è ancora più drammatica: gli studenti arrivano all’università con grandi lacune linguistiche, che si manifestano talvolta solo in fase di compilazione delle tesi di laurea.
Chi non sa scrivere non sa esprimere le sue idee
De Mauro aveva compreso, con largo anticipo, che la scuola doveva farsi carico sia della trasmissione di conoscenze, che della formazione dell’individuo a tutto tondo e aveva individuato nella linguistica lo strumento, non solo per leggere i mutamenti sociali, ma anche per influenzarne il corso: un ragazzo che non sa scrivere, non saprà esprimere le sue idee. Il suo impegno accademico diventò così responsabilità civica e politica, a partire dal 1976-77, quando divenne assessore alla cultura del Comune di Roma. Negli anni successivi costante fu la sua attenzione per il rinnovamento della scuola e l’apprendimento delle competenze linguistiche da parte dei nostri giovani. Tale attività culminò nel 2000-2001 quando venne chiamato dal Governo Amato a ricoprire la carica di Ministro della Pubblica Istruzione.
Proprio qualche anno dopo De Mauro lanciò un atto d’accusa tanto più importante e coraggioso in quanto rappresenta, almeno in parte, se non un mea culpa, un rimpianto per ciò che poteva essere. Nell’attestare uno stato di salute della cultura italiana forse cronicamente cagionevole, l’ex Ministro affermava che “è mancata una politica pubblica per un’adeguata istruzione secondaria e universitaria, per un sistema di apprendimento durante tutta la vita, per biblioteche e promozione della lettura. Giorgio Napolitano ha detto di avere fiducia negli spiriti vitali degli italiani. Vorrei dargli ragione, a patto che tra gli spiriti vitali ci siano anche l’intelligenza per capire l’inadeguatezza cronica della politica e la capacità di selezionare ed esprimere una classe dirigente all’altezza dei nostri problemi”.
Cosa può fare l’Università: formare i docenti di scuole e licei
Sono convinto che l’Università non possa sottrarsi a questo impegno e che debba fare tesoro delle parole di De Mauro; lo stesso appello dei seicento docenti deve avere come obiettivo quello di potenziare e affinare gli strumenti destinati alla formazione dei ragazzi, in primo luogo preparando docenti delle scuole e dei licei che siano motivati e di eccellenza, in grado di costruire e consolidare conoscenze attraverso la loro applicazione in contesti reali. La Sapienza per tale motivo ha attivato un corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria, un percorso quinquennale destinato ai futuri insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria. L’obiettivo è l’educazione linguistica della società per migliorare le opportunità dei singoli.
Alberto Asor Rosa, amico e collega di De Mauro, nell’elogio funebre alla Sapienza ha detto: “L’educazione linguistica, diretta e indiretta – e dunque la scuola, l’Università, e poi anche la televisione e l’universo massmediatico – diventano il terreno decisivo per stabilire chi sta da una parte e chi dall’altra”. E la linea d’ombra, non così sottile, deve essere ben presente a chi decide del futuro del nostro Paese.(AGI)