Ho provato un senso di scoramento di fronte alle ennesime decisioni prese dalle Autorità italiane in merito alla sicurezza negli stadi. Soltanto nella prima settimana di dicembre, infatti, sono stati almeno 25 gli incontri di ogni Categoria a cui non ha potuto assistere la maggior parte dei tifosi ospiti residenti nella città della propria squadra o addirittura nell’intera Regione da cui essa proviene.
Ora, sappiamo tutti che alle partite non vanno solo appassionati e che come dimostrato poco tempo fa in occasione di Italia-Serbia gli spalti sono il più comodo e
visibile palcoscenico da cui lanciare in qualsiasi modo qualsi voglia messaggio, legato o meno che sia allo sport. Sappiamo anche che il sottobosco di violenza delle Categorie inferiori è immensamente più preoccupante di quanto accada in Serie A e B.
visibile palcoscenico da cui lanciare in qualsiasi modo qualsi voglia messaggio, legato o meno che sia allo sport. Sappiamo anche che il sottobosco di violenza delle Categorie inferiori è immensamente più preoccupante di quanto accada in Serie A e B.
Detto questo, è il caso di porsi alcune domande circa la gestione della violenza ma anche quella della biglietteria e degli impianti. Perché è il quadro generale a far venire i brividi.
In Inghilterra, dopo tre decenni di saccheggi e pestaggi fra bande di ultras, si è passati dalle inferriate a impianti senza barriere. Il deterrente è la certezza della pena, agevolata dall’opera di steward preparati e da un monitoraggio da parte della Polizia senza pari in tutto il mondo. Con la necessità di badare ormai solo a pochissimi intemperanti, tutta gente che se esagera lo fa principalmente nell’esultanza e non più all’interno di gruppi organizzati, le celle destinate ad accoglierli restano per lo più vuote e gli spalti, invece, stracolmi. In Italia, ahimè, al contrario c’è ancora chi prova a fare baraonda negli stadi e quando non ci riesce passa direttamente a mettere a ferro e fuoco qualsiasi posto da cui transiti.
Si è allora pensato di limitare le occasioni in cui certi scontri possono avvenire, individuando nell’assenza dei tifosi ospiti la soluzione migliore. Guardando per televisione l’ultimo derby di Roma mi chiedevo come mai una tribuna fosse per metà vuota. Ho poi scoperto che l’accesso a quei settori era stato vietato non solo a chiunque fosse sprovvisto della Tessera del Tifoso ma anche a chi, pur essendone titolare, avesse più di una certa età e meno di un’altra, più precisamente sessant’anni. Morale, un tifoso di cinquantanove anni e con Tessera quel giorno non ha potuto andare allo stadio. Siamo arrivati a questo: che nella totale incapacità di gestire il fenomeno, la pericolosità viene dedotta dall’età. Per sconfortato che io sia, preferisco pensare che a mancare non sia la capacità di sistemare le cose bensì la volontà.
E con questo arriviamo a un altro punto: la gestione della biglietteria. E’ forte la sensazione che ci siano accordi fra Autorità e gestori dei tagliandi, Società incluse. Non è infatti possibile che i controlli sulla corrispondenza dell’identità del titolare del biglietto e di chi lo utilizza non vengano fatti con regolarità. Sorge addirittura il sospetto che dietro all’esclusione di determinate fette di mercato corrispondenti a precise aree geografiche possa magari esserci il privilegio degli affari condotti in altre zone, il tutto mascherato dalla necessità di garantire l’ordine pubblico. Vero o meno che sia, resta il fatto che c’è puzza di bruciato perché siamo in troppi a porci sempre le stesse domande senza che nessuno abbia saputo darci risposte esaurienti.
Ci chiediamo anche perché al degrado di impianti a pezzi si debba aggiungere lo squallore di spalti semivuoti, in cui spiccano le barriere più che la gente accorsa a vedere una partita. La Juventus è prossima a inaugurare il proprio stadio ma nel frattempo la Fiorentina ha detto addio alla Cittadella Sportiva di cui i suoi Dirigenti avevano parlato a lungo prima di dovervi rinunciare per motivi politici. Quindi la notizia non dev’essere l’inaugurazione del nuovo impianto torinese bensì il fallimento generale dell’idea di ammodernamento del Paese anche attraverso lo sport, per quanto a breve ogni Club debba presentare un piano di sviluppo. Su internet sono disponibili centinaia di immagini degli stadi che verranno, da Roma a Genova e a tutta l’Italia, ma quando li vedremo realizzati? E una volta che saranno aperti, come potremo frequentarli? Agli steward, poi, che pagano sulla propria pelle la mollezza del Legislatore più di quanto se ne dia notizia, toccherà prendere le solite botte? In attesa di scoprirlo, senza arrivare all’umiliante paragone con gli Stati Uniti lustriamoci gli occhi con gli stadi del resto del mondo, a partire da quelli brasiliani che stanno sorgendo proprio in questo periodo in vista dei prossimi Mondiali. Ben sapendo che dietro la bellezza c’è di più.