Comunità Italiana

Servizi spaziali

Il country manager Marzio Laurenti apre le porte di Telespazio in Brasile, dove l’attività dell’azienda si concentra al 95% sulle telecomunicazioni satellitari

Esplorare lo spazio, osservare la Terra e ampliare l’infinito orizzonte delle telecomunicazioni. Una sfida avvincente, che evoca scenari futuristici e remoti. Una missione che ha tra i principali protagonisti, a livello globale, un’eccellenza assoluta dell’industria italiana. Parliamo di Telespazio, tra le più antiche aziende al mondo operanti nel segmento dei servizi spaziali: fondata nel 1961, l’anno successivo inizia ad operare in Abruzzo, nella stazione sperimentale del Fucino, che oggi, con le sue 170 antenne ed i suoi 370 mila metri quadrati di estensione, è il più importante teleporto al mondo per usi civili. Una storia ricca di successi, quella di Telespazio, controllata al 67% dal colosso italiano Finmeccanica e al 33% dal gruppo francese Thales. Una joint venture che permette ai due gruppi di coprire, nell’insieme, l’intero valore del mercato spaziale. Dal 1997 Telespazio è presente in Brasile: il suo quartier generale è a Rio de Janeiro, altri uffici regionali si trovano a São Paulo, Porto Alegre e Cuiabá, mentre numerosi centri logistici sono attivi a macchia di leopardo in tutto il Paese. Marzio Laurenti, amministratore delegato e country manager per il Brasile, in un’intervista esclusiva apre le porte di Telespazio ai lettori di Comunità.

ComunitàItaliana  — Ingegnere, ci racconta innanzitutto come è nata questa lunga storia di successo ?
Marzio Laurenti — Basterebbe pensare che l’avventura dell’uomo nello spazio risale alla fine degli anni Cinquanta, per rendersi conto dell’importanza di ciò che ha fatto Telespazio. Quando nel 1961 partirono le nostre attività, nel segmento dei servizi spaziali c’erano solo agenzie statali come la Nasa, mentre Telespazio fu la prima ad operare nel settore privato. Fu scelta la zona della Conca del Fucino, dove fino a metà ‘800 c’era un lago, perchè la disposizione delle montagne circostanti, che facevano da schermo alle intermittenze, la rendevano un’area ideale per le nostre attività. Vennero subito avviati i primi collegamenti intercontinentali, con il primo centro di controllo installato a bordo di furgoni attrezzati.

CI — Oggi invece Telespazio è una realtà di dimensioni globali, con un portfolio di attività ampio e articolato. Ci aiuta a comprendere su quali fronti opera, in concreto?
ML — Siamo attivi a 360 gradi su tutte le tipologie satellitari e ci occupiamo di osservazione, navigazione e gestione dei satelliti. I nostri clienti sono essenzialmente agenzie spaziali, governi, difese, istituzioni, aziende, banche e pubbliche amministrazioni. Se i nostri “cugini” di Thales Alenia Space si occupano della produzione dei satelliti, noi forniamo servizi e soluzioni ingegneristiche, che si basano su quattro linee di business: la prima linea è quella della network connectivity, che è essenzialmente l’ambito delle telecomunicazioni satellitari e che in Europa fa leva soprattutto sul centro spaziale del Fucino. La seconda è la geoinformazione, ovvero i servizi di osservazione della Terra, che avviene grazie ai satelliti che ruotano attorno al nostro pianeta, capaci di restituire immagini e dati utili in agricoltura, in geologia, per il controllo dei mari e in molti altri ambiti tra i quali la protezione dell’ambiente e il controllo del territorio. La terza linea di business riguarda le operazioni satellitari, un servizio che forniamo a quei soggetti che ad esempio lanciano un satellite e hanno bisogno di chi ne curi la corretta messa in orbita e la successiva gestione in tutta la loro vita operativa nello spazio: fasi molto delicate che Telespazio gestisce con grande competenza. E’ quello che facciamo con il sistema Galileo, gestendo dal Fucino una costellazione che rappresenta la risposta dell’Europa al Gps americano. L’ultima linea è quella dei sistemi e delle applicazioni satellitari, che riguarda la definizione di missioni, sistemi e programmi spaziali, come appunto Galileo, ma anche altri grandi programmi come Copernicus, Egnos, COSMO-SkyMed e Sicral.

CI — Ritiene che l’Italia, come sistema Paese, tuteli e valorizzi a sufficienza questa sua punta di eccellenza?
ML — Credo innanzitutto che l’Italia, anche in questo settore, abbia fatto delle cose importanti e abbia espresso delle realtà molto significative. Ritengo che si debba essere orgogliosi di quanto abbiamo fatto finora e di quanto continuiamo a dimostrare di saper fare. L’esperienza di Telespazio è straordinaria e credo di poter dire che l’Italia ne è pienamente consapevole, anche considerando che il nostro Paese, non a caso, è il terzo finanziatore dell’Agenzia spaziale europea.

CI — Dall’Italia al Brasile, il passo è lungo. Come è nata l’idea di puntare su questo versante del Sud America?
ML — Telespazio Brasil è una realtà che ho l’onore di aver contribuito a creare, nell’ottobre del 1997, quando ancora si veniva in Brasile come licenziatari esclusivisti di un sistema, Orbcomm, per messaggistica e trasferimento di dati. A quei tempi Telespazio faceva parte del gruppo Telecom Italia e noi arrivammo poco prima che iniziasse la grande ondata delle privatizzazioni nelle telecomunicazioni e prima che anche la stessa Telecom sbarcasse in Brasile. Poi, nel 2001, quando è stato deciso di ampliare la missione e di allargare la gamma dei servizi, abbiamo assunto la denominazione di Telespazio Brasil. Oggi siamo tra i quattro player di mercato più riconosciuti nel settore. In Brasile attualmente la nostra attività si concentra al 95% sulle telecomunicazioni satellitari, grazie ai tre hub satellitari che abbiamo a Rio, che ci consentono di servirci di varie tecnologie: su questo fronte i nostri clienti sono istituzioni e aziende, specie operatori delle telecomunicazioni, banche e compagnie dei settori minerario, edilizio, marittimo e petrolifero. In misura minore ci occupiamo dell’osservazione della Terra, che ci viene richiesta soprattutto da enti statali e compagnie petrolifere.

CI — Ha suscitato molto interesse l’accordo che avete raggiunto con l’Istituto Nazionale brasiliano di Ricerca Spaziale, per monitorare il disboscamento e le variazioni di uso del suolo in Amazzonia, attraverso studi basati su immagini prodotte dai radar satellitari….
ML — E’ una delle tante attività utili e interessanti che abbiamo svolto, ma non è la sola, considerando che questo tipo di tecnologie possono risultare decisive anche in molti altri campi. Per quanto riguarda l’Amazzonia, siamo in procinto di partecipare ad una gara alla quale teniamo molto, quella del Censipan, attraverso la quale ci candideremo a supportare alcune delle più importanti attività di monitoraggio che vengono svolte in quella regione. Anche in questo occorrerà operare con dei radar satellitari, dato che in Amazzonia piove per sei-sette mesi all’anno ed è spesso molto nuvoloso.

CI — Come viene percepita una realtà a capitale straniero come la vostra, attiva in un settore così delicato, da parte delle istituzioni brasiliane ?
ML — Anche i nostri principali competitor hanno capitali stranieri, messicano in un caso e inglese in un altro, senza che ciò rappresenti un ostacolo. Più in generale i rapporti con le istituzioni brasiliane sono ottimi, ci sono regole chiare e non si sono mai verificati problemi di alcun tipo.

CI — Telespazio è ormai diventata una realtà a carattere globale: al di là dei capitali, cosa resta di italiano in termini di idee, innovazione e sviluppo ?
ML — L’anima e il dna di Telespazio restano orgogliosamente italiani. D’altronde siamo parte di Finmeccanica che è, di fatto, l’emblema dell’industria italiana. Telespazio è senz’altro una delle migliori espressioni della capacità di fare e di innovare tipica del nostro Paese.

CI — Per concludere, a distanza di quasi 20 anni dal suo arrivo a Rio, qual è il bilancio umano e professionale della sua lunga esperienza in Brasile?
ML — Prima di Rio ero stato in Canada, Stati Uniti e Regno Unito, e quando mi dissero che avrei dovuto trasferirmi in Brasile avevo molte perplessità, legate alle contraddizioni sociali del Paese e al famigerato problema della sicurezza. Mi assicurarono che dopo pochi mesi mi sarei innamorato di questa terra ed effettivamente sono stato conquistato da un Paese tanto grande quanto meraviglioso. Me ne sono innamorato due volte, perchè nel 2004 iniziai una esperienza professionale in Thales per poi essere richiamato in Brasile nel 2009. Anche questa volta non ero entusiasta, ma appena arrivato sono stato riconquistato. Adesso il momento è delicato, il Paese sta attraversando una congiuntura economica negativa, ma sono convinto che le risorse umane e naturali di cui dispone, insieme alla diversificazione della sua economia, permetteranno a questa potente locomotiva di riprendere presto a correre.