Comunità Italiana

Sette anni di polemiche, storia del caso Stamina

Davide Vannoni, fermato il 26 aprile, non avrebbe potuto esercitare la sua attività di ‘medicò (non è laureato in medicina ma in scienza della comunicazione) nè somministrare la cura Stamina ai pazienti, in quanto il trattamento terapeutico da lui inventato non ha alcuna validità scientifica. Il fondatore di Stamina è stato fermato dai carabinieri del Nas mentre era in procinto di andare via dall’Italia, come risultato da alcune intercettazioni telefoniche. Davide Vannoni stava cercando una nuova località, Ucraina, Bielorussia e Santo Domingo, dove curare i pazienti con il metodo Stamina, ritenuto illegale in Italia e per il quale aveva già patteggiato una pena di 22 mesi nel processo tenutosi a Torino.

Vannoni è accusato di:

Maggio 2010 – La Procura della repubblica di Torino ha aperto un’inchiesta sulle attività della Stamina Foundation onlus, associazione torinese fondata nel 2009 dal professor Davide Vannoni “per sostenere la ricerca sul trapianto di cellule staminali mesenchimali e diffondere in Italia la cultura della medicina rigenerativa”.

Ottobre 2011 – Agli Spedali Civili di Brescia hanno avviato le cure staminali “ad uso compassionevole”, seguendo il protocollo della Stamina Foundation. In quell’occasione sono stati accolti dodici pazienti, tutti bambini affetti da gravissime patologie neurodegenerative.
 

Aprile 2012 – Il pm di Torino Raffaele Guariniello ha disposto un’ispezione dei carabinieri dei Nas agli Spedali Civili di Brescia. Il successivo rapporto venne inviato all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco che il 15 maggio successivo ha poi predisposto il blocco della terapia. L’allora ministro della Salute Renato Balduzzi dispose un’indagine amministrativa e un’ispezione da parte degli ispettori dello stesso ministero e dell’Aifa, insieme al Centro nazionale Trapianti. Le ispezioni e le indagini hanno portato tutte alla stessa conclusione: bloccare la somministrazione dei trattamenti, non solo perché la possibile efficacia non è documentata scientificamente, ma le procedure per la preparazione delle staminali non rispetterebbero gli standard di sicurezza. Alle accuse Vannoni ha sempre risposto che sul metodo esiste un brevetto e per questo si sarebbe rifiutato di rendere accessibili i dettagli sulle procedure. Da allora la battaglia si è spostata nei tribunali.
 

Agosto 2012 – i genitori di Celeste Carrer, una delle bambine curate con Stamina, hanno presentato al giudice del lavoro del tribunale civile di Venezia un ricorso d’urgenza con cui hanno chiesto la prosecuzione delle cure. Nel frattempo il pm Guariniello ha chiuso l’indagine preliminare su Stamina Foundation chiedendo il rinvio a giudizio dei 12 indagati tra cui medici e lo stesso Vannoni.

I reati ipotizzati:

Subito dopo arriva la decisione del giudice del lavoro di Catania che, in un provvedimento d’urgenza, autorizza gli Spedali Civili di Brescia a riattivare il trattamento a base di staminali anche per Smeralda Camiolo, 17 mesi, in coma dalla nascita per un’asfissia da parto. Poi la decisione del giudice del lavoro di Matera che accoglie il ricorso presentato dalla famiglia Tortorelli il cui figlio Daniele, cinque anni e mezzo, è affetto da morbo di Niemann-Pick. E’ la terza vittoria di fila. Parallelamente ai ricorsi alla giustizia civile, le tre famiglie di piccoli pazienti in cura impugnano davanti al Tar di Brescia l’ordinanza di blocco dell’Aifa, chiedendone la sospensiva. I giudici amministrativi, però, rigettano il ricorso, fissando al 16 gennaio 2013 l’udienza di merito. La vicenda è però esplosa una volta arrivata sui media. Dopo numerosi servizi mandati in onda da Le Iene, il caso Stamina è entrato nelle case di tutti gli italiani. La storia che ha commosso tutta l’Italia riguarda la piccola Sofia, la bimba fiorentina affetta da leucodistrofia metacromatica al quale il tribunale di Firenze aveva imposto lo stop delle cura in virtù dell’ordinanza Aifa.

Dopo un tam tam mediatico il ministero della Salute ha dato l’ok alla continuazione delle cure. La decisione non è però stata accolta con favore dalla comunità scientifica. Prima Telethon che ha espresso il proprio disappunto, poi un gruppo di 13 autorevoli scienziati che hanno firmato un appello rivolto al ministro Balduzzi in cui hanno espresso la loro preoccupazione circa le conseguenze della vicenda sulla vita dei pazienti e sulla ricerca scientifica in generale. A rincarare la dose anche la rivista Nature che ha “bocciato” il decreto Balduzzi che autorizza la prosecuzione delle cure con il metodo Stamina. Nel frattempo la protesta ha coinvolto intensamente l’opinione pubblica, soprattutto nei social media: in molti appoggiano le famiglie dei malati che vogliono accedere al metodo Stamina. Alle proteste seguono nuovi appelli. Tuttavia, il decreto ha continuato il suo iter. Dopo una serie di modifiche al testo originario, arriva l’approvazione del testo che consentiva di continuare le terapie già in essere e che prevedeva l’avvio di una sperimentazione di 18 mesi, previa valutazione del protocollo da parte di un comitato di esperti, per la quale vengono stanziati fino a 3 milioni di euro.