Gli organizzatori della marcia pro-Park hanno riferito all’agenzia Yonhap che almeno altri 8 manifestanti sono rimasti feriti. La capitale era in subbuglio da ore. Già giovedì 8 marzo migliaia di studenti, issando cartelli con la scritta ‘Arrestate Park Geun-hye’ o ‘Nessuna primavera senza l’impeachment di Park Geun-hye’ avevano manifestato ala Dongguk University; le manifestazioni erano andate avanti durante l’intera giornata; mobilitata anche la Confederazione Coreana dei Sindacati, Kctu, il secondo più grande ombrello sindacale che aveva organizzato raduni al lume di di candela giovedì sera.
In questo contesto, era elevatissimo il livello di allerta della polizia che aveva schierato circa 20mila agenti dinanzi alla sede del tribunale e in tutte le aree adiacenti il centro, compresa la Casa Azzurra, la sede della presidenza e le altre istituzioni governative; ma evidentemente non è bastato.
La decisione, senza precedenti nella storia recente sudcoreana, è stata presa all’unanimità dagli otto giudici. La presidente è accusata di corruzione, estorsione, abuso di potere, rivelazione di segreti d’ufficio e fuga dalle responsabilita’. Ora che è stata destituita, Park – indagata in un’inchiesta su un colossale sistema di corruzione e tangenti, messo in piedi da una sua fidata quanto ambigua consigliera, Choi Soon-sil – è rimasta priva dell’immunità. Ora la Corea del Sud è obbligata ad andare alle elezioni entro 60 giorni. Ma la stabilità del governo sudcoreano è essenziale in un Paese che è un alleato chiave degli Stati Uniti e dei suoi vicini asiatici; e che soprattutto è un baluardo contro le provocatorie mire della Corea del Nord, ormai in rotta di collisione con l’intera comunità internazionale. (AGI)