La storia di Peppino Impastato è una storia amara ma bella, una di quelle storie che fanno sentire fieri di essere italiani, una di quelle storie che aiutano ad assaporare il piacere dell’onestà, del coraggio e della ribellione alle ingiustizie. Una storia che nonostante l’epilogo tragico, consumatosi in Sicilia il 9 maggio di 38 anni fa, è diventata un simbolo di vittoria e di speranza. Peppino, come lo chiamavano tutti, nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948. Figlio di Felicia Bartolotta e Luigi Impastato, proviene da una famiglia bene inserita negli ambienti mafiosi locali: una sorella del padre ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Lo zio e altri parenti sono mafiosi e anche il padre, per le stesse ragioni, era stato inviato al confino in epoca fascista. Peppino, però, non si lascia assorbire dall’ambiente familiare, rompe i rapporti con il padre, che lo caccia di casa. Inizia a frequentare gruppi di ispirazione socialista e comunista, insieme ad altri giovani fonda un giornale che dopo alcuni numeri sarà sequestrato e si unisce alle proteste degli edili e dei disoccupati siciliani.
Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che organizza dibattiti, cineforum, attività musicali e teatrali, mentre l’anno successivo fonda Radio Aut, una radio libera, autofinanziata, per mezzo della quale inizia a denunciare i delitti dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, scagliandosi in particolare contro il boss Gaetano Badalamenti, personaggio di spicco di Cosa Nostra. Non sono scelte facili, in un paesino di circa 10 mila abitanti, con il capomafia vive a pochi passi da casa sua. Ma Peppino ha coraggio ed è bravo. Si serve di un linguaggio fresco e irriverente, ironico e dissacrante. Nel seguitissimo programma radiofonico Onda pazza ricorre alla satira per sbeffeggiare mafiosi e politici collusi: Tano Badalamenti, ad esempio, diventa “Tano seduto”, che svolge i suoi loschi affari in quel di “Mafiopoli”. Radio Aut diventa un punto di riferimento per i giovani del posto, che sognano una Sicilia diversa e migliore, libera dal malaffare.
In piena campagna elettorale per Democrazia Proletaria, Peppino viene ucciso
Nel 1978 Peppino si candida alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria: riceve diversi avvertimenti e intimidazioni, che puntualmente ignora. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio, in piena campagna elettorale, viene ucciso. I suoi assassini, nel tentativo di screditarne l’immagine, pongono una carica di tritolo sotto il suo corpo, adagiato sui binari della ferrovia, indirizzando le indagini verso le ipotesi di un attentato terroristico finito male o del suicidio. La gente di Cinisi, però, sa bene che la verità è un’altra e poche ore dopo, alle elezioni, scrive il nome di Peppino sulla scheda elettorale, eleggendolo simbolicamente in Consiglio comunale. Le indagini in un primo tempo vengono archiviate. In seguito, grazie alle rivelazioni della madre e del fratello di Peppino, che rompono apertamente con la parentela mafiosa, e al materiale fornito dal Centro siciliano di documentazione, fondato dai compagni di militanza della vittima, l’inchiesta viene riaperta ed è accertata la matrice mafiosa del delitto.
Molto tempo dopo Gaetano Badalamenti viene condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio. Peppino Impastato diventa uno dei simboli più potenti dell’antimafia: gli vengono dedicati libri, film e canzoni. In tutta Italia ci sono scuole, biblioteche, piazze, strade, parchi, circoli e associazioni che portano il suo nome. Il 15 maggio 2010 la chiave della casa di Gaetano Badalamenti viene consegnata al primo cittadino di Cinisi e al termine del corteo per ricordare il trentaduesimo anniversario della morte di Peppino, il sindaco dona la chiave dell’immobile all’Associazione Culturale Peppino Impastato di Cinisi, in prima linea nell’attività contro la mafia. Il 7 dicembre 2012, inoltre, la casa è riconosciuta bene culturale come “testimonianza della storia collettiva e per la sua valenza simbolica di esempio di civiltà e di lotta alla mafia”. La sua morte ha fatto germogliare idee e azioni. E’ questa la sua più grande vittoria.