Ci sono app per valutare gli alberghi, quelle per suggerire i posti in cui si mangia meglio, ma non quelle per informare un paziente sulle cure e le strutture che potrebbero trattare al meglio la patologia di cui soffre. O almeno fino ad oggi, perché l’app MySafeCure, ideata dalla giovane Chiara Molinario, punta proprio a colmare questo gap. Ma andiamo con ordine.
Chi è Chiara Molinario
Chiara è una dei 18 under 30 vincitori del concorso “Youth in Action for Sustainable Developments Goals”, promosso da Fondazione Italiana Accenture, Fondazione ENI Enrico Mattei e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
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Le idee migliori, più ‘sostenibili’ e in linea con gli obiettivi dell’agenda 2030, sono state premiate con un tirocinio retribuito di 3-6 mesi presso aziende e fondazioni. Tra queste c’è anche l’app di Chiara che è piaciuta a Ubi Banca.
Come è nata MySafeCure
“La mia App, MySafeCure, non è ancora stata sviluppata ma sto lavorando alla realizzazione”, precisa all’Agi Chiara, studentessa di Ariano Irpino, in provincia di Avellino, all’ultimo anno della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi del Sannio. “E’ iniziato tutto qualche mese fa, quando curiosando nel piano di studi della mia facoltà, dovendo scegliere un esame a scelta da sostenere, mi sono imbattuta nel corso di ‘Negoziazione e sviluppo sostenibile’. Già durante il secondo incontro la professoressa ci ha parlato del concorso che era stato appena presentato dalla Fondazione Accenture mostrandoci come la partecipazione potesse concretizzare quanto noi avremmo affrontato teoricamente durante le lezioni. Ero un po’ scettica perchè non avevo mai partecipato a un concorso prima e il tempo per presentare l’idea era davvero poco”. Da quel momento, Chiara ha iniziato a scrutare la realtà con occhi diversi, “proiettati alla ricerca di un’idea innovativa, ma non la trovavo”.
L’incontro giusto
Una mattina durante una giornata di prevenzione per la salute cardiaca organizzata da un’associazione di cui fa parte e che si occupa tra le altre cose anche di assistenza agli anziani, ai disabili, alle donne, Chiara ha incontrato un signore che si stava sottoponendo ai controlli: “Mi ha raccontato la sua storia e il momento difficile che stava affrontando. Per privacy non riporterò i particolari ma basti sapere che era affetto da una malformazione cardiaca ed era molto preoccupato perchè non sapeva a quale struttura affidarsi per l’operazione. L’ospedale che aveva individuato in base a consigli di amici e medici si trovava in una Regione lontana dalla Campania e per la sua età e il suo reddito gli era molto complicato raggiungerlo questa struttura”. Ma aveva un unico desiderio: avere a disposizione indicazioni su strutture vicine, avanzate e adeguate al suo caso.
Risalire la corrente
“Iniziai a rifletterci su, a indagare e ad approfondire la tematica fin quando non mi resi conto che in Italia c’è un potente flusso informativo che dalle strutture è inviato alle Regioni e dalle stesse al ministero della Sanità”. Continua Chiara: “E’ un flusso routinario e controllato e che è a disposizione di tutti i privati su richiesta. Utilizzare questo flusso per fini scientifici è consentito ed è proprio quello che ho intenzione di fare: elaborare questi dati per ricavarne indicazioni precise su tutte le prestazioni sanitarie erogate sull’intero territorio nazionale”.
Dalla teoria alla pratica (grazie a Ubi banca)
“Mi auguro che da qui a qualche mese la mia idea verrà ad esistenza”, ha commentato Chiara che non ha dubbi: “Ho intenzione di iniziare la ricerca di elaborazione dati nel mio ateneo: l’Università degli Studi del Sannio che, nonostante sia molto giovane, è ricca di personalità di valore, competenti e molto disponibili”. Quanto allo stage offerto da Ubi Banca, “rappresenta per me un grande onore e una grande possibilità sia per la mia crescita personale, che per l’attuazione del mio progetto”.
Ma perché una banca dovrebbe interessarsi all’app di Chiara? “Ubi Banca con sede a Bergamo è la prima banca italiana che ha attuato il servizio di Welfare Aziendale e mi hanno scelta per lavorare al miglioramento di questo progetto innovativo, in quanto tra i servizi di welfare rientrano anche prestazioni in strutture sanitarie”.
Una vita tra toghe e camici bianchi
Laureanda in giurisprudenza con il cuore ai malati: quella di Chiara è una personalità insolita ma – assicura – non in contraddizione: “Sono cresciuta con un padre medico che mi ha da sempre trasmesso la passione per la salute, la sanità, l’importanza delle cure e dell’assistenza ai pazienti che io ho sempre reinterpretato in una chiave giuridica che mi contraddistingue”. E nel futuro “non penso di scegliere una strada a discapito dell’altra ma ho intenzione di coniugarle iscrivendomi a un Master giuridico in ambito sanitario”. Ma di una cosa è convinta: “Mi sono avvicinata all’associazionismo perché spesso quando aiuti il prossimo alla fine è sempre lui che dà qualcosa a te e non il contrario. E non è un caso che la mia idea infatti sia nata proprio perché qualcuno mi ha trasmesso emozioni raccontando la propria esperienza di vita”. (agi)