Alcuni manifestanti stanno cercando di bloccare l’inizio dei lavori nei cantieri in Puglia e non sono mancate le sponde politiche alla protesta. Oltre al Movimento 5 Stelle, da sempre contrario al gasdotto, anche il presidente della Regione Puglia – e candidato alla segreteria del Pd –Michele Emiliano ha avuto parole di sostegno per i manifestanti, chiedendo vengano accolte le ragioni di chi vuole lo spostamento dell’approdo Tap in altra area.
Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha rilasciato un’intervista il 29 marzo al Corriere della Sera, nella quale fa diverse affermazioni che siamo andati a verificare.
Il ministro sostiene innanzitutto che il Tap “concorre a spingere il Paese nella direzione di un mix energetico più equilibrato” e che “è un’infrastruttura che rende l’Italia meno dipendente, per esempio, dal carbone”.
Il ragionamento di Galletti è teoricamente corretto. Aumentando infatti il volume di gas a disposizione del Paese il prezzo diminuisce, e pertanto il gas metano diventa più conveniente rispetto ad altre fonti di energia, tra cui anche il carbone.
Ma consideriamo l’aumento di volume. Attualmente l’Italia ha un fabbisogno di circa 70 miliardi di metri cubi di gas all’anno, di cui 65 arrivano dalle importazioni, in particolare da Algeria e Russia.
La capacità massima di importazione delle attuali linee di rifornimento che arrivano in Italia è di oltre 130 miliardi di metri cubi. Il Tap aumenterà di altri 9 miliardi la capacità complessiva: circa il 7 per cento del massimo totale e un settimo dei consumi importati.
Si potrebbe dunque ipotizzare un impatto poco rilevante di questa opera. Tuttavia, fa notare un esperto di sicurezza energetica sentito da Pagella Politica a condizione dell’anonimato, il Tap arriva in un mercato che è già saturo e i 9 miliardi di metri cubi che dovrebbero arrivare tramite questo gasdotto sono stati contrattualizzati – i clienti già ci sono e hanno firmato contratti vincolanti – a condizioni particolarmente vantaggiose per chi compra. Altrimenti, infatti, gli offerenti non sarebbero riusciti a piazzare questo gas sul mercato.
Questi prezzi vantaggiosi dovrebbero scaricarsi positivamente, in una misura che al momento non è prevedibile a causa dell’elevato numero di variabili ancora incerte, anche sui consumatori finali domestici, industriali e produttori di energia elettrica. Questi ultimi assorbono un terzo del fabbisogno nazionale.
Infine, osserva ancora l’esperto, il Tap può avere un ruolo anche nelle future strategie energetiche del Paese in termini di esportazioni.
Il volume di gas che arriva in Italia dal gasdotto “Transit Gas”, di provenienza principalmente olandese, è già in calo da alcuni anni e si prevede diminuisca ancor di più nel futuro. I Paesi Bassi hanno infatti deciso di limitare la propria produzione in misura significativa.
Per evitare che l’opera “Transit Gas” resti inutilizzata, Snam ha già pianificato nel prossimo decennio di utilizzare il gasdotto per esportare gas verso nord. A quel punto avere un surplus più ampio grazie al Tap potrebbe essere economicamente vantaggioso per l’Italia.
Anche in questo caso, tuttavia, ci sono obiezioni sulla differenza che farebbe il Tap rispetto alla situazione attuale, visto che aumenta – come già detto – di pochi miliardi una capacità totale che supera i 130 miliardi.
Dunque si può dire che sia vero quanto afferma Galletti, anche se l’impatto complessivo dell’opera sarà probabilmente contenuto.
Galletti ha anche scritto in una nota: il Tap “rispetta in pieno le normative vigenti a tutela dell’ambiente”.
È vero. L’opera, già nell’agosto 2014, ha avuto il via libera dalla Commissione Valutazione dell’Impatto Ambientale (VIA) e Valutazione Ambientale Strategica (VAS), un organo costituito da 50 tecnici e professionisti nominati dal Ministero dell’Ambiente, ma indipendente, in quanto i membri rispondono in proprio delle analisi fornite.
La Commissione ha dato parere favorevole al progetto, dopo anni di confronto tra le varie parti coinvolte, inclusi i Comuni e le altre istituzioni locali. Di conseguenza, il Ministero ha dato il suo via libera. Di recente il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi presentati dal Comune di Melendugno e della Regione Puglia contro la decisione della Commissione, ritenendo che questa avesse “approfonditamente vagliato tutte le problematiche naturalistiche e le possibili alternative”.
Dunque il rispetto da parte del Tap della normativa italiana è stato verificato prima da una commissione ministeriale indipendente e poi dal più altro grado della magistratura amministrativa.
Infine Galletti, a proposito della preoccupazione espressa dai manifestanti nei confronti delle piante che devono essere sradicate, nell’intervista al Corriere ha dichiarato: “si tratta di 211 alberi di ulivo che, una volta ultimati i lavori, verranno ripiantati”.
Anche questa affermazione è corretta. In base al documento dell’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, è stato autorizzato l’espianto di 211 olivi dall’area di Melendugno, esclusivamente di quelli che non hanno caratteristiche “di monumentalità” in base alla legge.
Dal lungo elenco di misure dedicate alla cura di questi alberi che si legge nel documento, si desume che gli ulivi saranno potati, protetti e stoccati fino alla conclusione dei lavori del cantiere. Terminati questi, gli ulivi verranno ripiantati nel sito originale di provenienza, verranno monitorati ed eventualmente curati.
Sull’intero tracciato del Tap dovrebbero essere spiantati, e poi ripiantati a fine lavori, oltre 1.900 ulivi, su un totale in tutta la Regione di circa 60 milioni.(AGI)