Cosa prevede il provvedimento
“Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni.
Il reato è commesso mediante più condotte ovvvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Se dal reato deriva una lesione personale le pene sono aumentate: se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dal reato deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di trenta anni.
Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è l’ergastolo.
Non sussiste nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”.
Manconi: “La norma è di difficile applicazione”
Luigi Manconi, senatore Pd e da sempre in prima linea per i dtritti umani, sul Manifesto esprime tuitti i suoi dubbi. “Nell’articolato discusso nel luglio del 2016, si pretendeva che le violenze o le minacce gravi fossero «reiterate» perché così, e solo così, si sarebbe concretizzato il reato di tortura – si egge nell’articolo -. Oggi, nel testo approvato, si dice che il fatto è punibile se compiuto mediante «più condotte». Ora, passi che il reato di tortura non sia riconosciuto per quel che è: un reato proprio dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio, derivante cioè dall’abuso di potere di chi tiene sotto la propria custodia un cittadino”. “Passi che il trauma psichico della vittima di tortura debba essere «verificabile» per concorrere a definire il fatto delittuoso – continua Manconi -. Ma che quest’ultimo debba comportare, per essere perseguibile, «più condotte» (dello stesso genere o necessariamente distinte?), ciò è davvero inaccettabile. Così come è stata scritta, la norma risulta di ardua applicazione: devono ricorrere nella definizione votata tali e tante circostanze da rendere complessa ogni operazione ermeneutica”.
Associazione di Polizia: “Dubbi interpretativi”
“Nonostante le buone intenzioni e gli aggiustamenti apportati, il ddl sull’introduzione del reato di tortura non scioglie i tanti dubbi interpretativi relativi all’intensità delle sofferenze fisiche per essere qualificate acute, alla verificabilità del trauma psichico e del suo grado, a quale sia la condotta del trattamento inumano e degradante”. A sostenerlo è il segretario nazionale dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Marco Letizia. Il legislatore – continua Letizia – per trovare un compromesso in una materia così delicata, ha rimandato la soluzione di questi nodi all’interpretazione del giudice nel contenzioso penale, senza fornire a quest’ultimo, sul reato di tortura, la certezza del diritto”.
FdI: “Si intimidiscono le forze dell’ordine”
La norma passata in Senato non piace neanche a Fratelli d’Italia. “Punire ogni forma di tortura è sacrosanto ma non è quello che fa il ddl approvato oggi dal Senato – afferma la presidente Giorgia Meloni -. Questo provvedimento ha un solo scopo: intimidire il personale del comparto difesa-sicurezza e impedirgli di lavorare. è un’infamia che si preveda di punire un agente con una pena fino a 12 anni di galera per “minacce gravi” nella stessa Nazione in cui chi commette una rapina o una violenza sessuale rischia meno o addirittura di non andare mai in carcere. Fratelli d’Italia è al fianco dei nostri uomini e delle nostre donne in divisa che garantiscono la sicurezza e si batterà alla Camera per cancellare questa vergogna voluta dal Pd”. (AGI)