{mosimage}L’Italia e il Brasile seguono ed hanno sempre seguito itinerari storici, politici e sociali considerati marcanti. Ma è esattamente nei momenti di convergenza in questi passaggi ambigui che i due paesi dimostrano quanto il legame, iniziato nei primordi del secolo 19 con l’immigrazione, può rendere sdoppiamenti pruduttivi. Questa è l’idea condivisa dall’Università Tor Vergata e dall’Università dello Stato di Rio de Janeiro (Uerj) che hanno realizzato il Colloquio Internazionale Brasile-Italia. Nell’Iter, passaggi politici, urbani, letterari e cinematografici.
La scelta di Rio de Janeiro come locale delle conferenze rimette ad una preoccupazione e ad un’identificazione fra i relativi abitanti. Secondo uno dei coordinatori del colloquio, il professore della Tor Vergata Aniello Angelo Avella, “da
molto tempo, Rio de Janeiro si dimostra italiano e Roma molto Carioca.”
— “Il nostro obiettivo è di portare argomenti attuali e elaborarli oltre le visioni stereotipate. La Tor Vergata è l’università con più attività di collaborazione con il Brasile. Abbiamo scelto Rio de Janeiro perché circa il rapporto dell’Italia con São Paulo, Rio Grande do Sul, Espirito Santo e Minas Gerais, molto già si è detto” — spiega l’accademico, citando la Bahia come prossimo ed importante Stato da “scoprire.”
Aniello ha lanciato il libro “Dal Pan di Zucchero al Colosseo”, nel quale riunisce saggi e testi di brasiliani radicati o meno a Roma, quando si dirigevano alle bellezze di Rio de Janeiro. Uno dei rappresentanti del collettaneo è Murilo Mendes, che è stato professore di letteratura
nella capitale italiana.
Per costruire questo ponte fra le città, personalità come il Senatore Edoardo Pollastri ed il cineasta immortale Nelson Pereira dos Santos hanno partecipato, oltre al rettore dell’Università dello Stato di Rio De Janeiro (Uerj), Nival Nunes de Almeida, al presidente dell’Istituto Storico e Geografico Brasiliano (IHGB), al professor Arno Wehling e all’allora Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, Franco Vicenzotti. Tutti hanno messo in rilievo le esperienze praticate che hanno confermato il detto che Roma e Rio, particolarmente, seguono sì, strade parallele.
— “Per l’Istituto Italiano di Cultura è un dovere patrocinare queste iniziative nella misura del possibile. Gli alunni dell’Uerj hanno la probabilità di visitare la Tor Vergata e viceversa. È uno stimolo per la lingua italiana, e chiaramente, una forma per perpetuare le radici che potrebbero starsi consumando” — considera Vicenzotti.
Le attività sono durate due giorni e si è trattato sin dal pe rcorso iniziato dalla civilizzazione giuridica, prendendo per base la tradizione romana, così come dai passaggi urbanistici. Il senatore Pollastri ha ricordato il passo dato dall’Italia permettendo il voto degli italiani che vivono all’estero.
— “L’Italia ha dato un passo rivoluzionario, giacché la legge viene dopo che il fatto accade. È necessario che si crei una richiesta che porti la gente a riflettere e, ancora, culmini in una decisione nelle regole” chiarisce il rappresentante brasiliano nel Parlamento, citando che i coreani hanno pensato a una decisione simile.
Un’altra questione solevata dal senatore si riferiva al diritto alla cittadinanza italiana da parte degli stranieri che risiedono nel paese da almeno, cinque anni. Pollastri crede che vivendo e essendo partecipi della vita della città nella quale paga le sue tasse, la persona deve avere il diritto di decidere sui cammini scelti per il bene del luogo scelto come dimora.
— “È molto comune pronunciare la frase: “È italiano se è figlio italiano” Questo era sempre la base di tutto ed ora è in disuso. I tempi sono altri. Rimane sapere come organizzeremo il nostro futuro a partire da queste acquisizioni” — conclude.
Distinguendosi per le sue brevi e succinte parole, il professore della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (PUC-Rio), Silviano Santiago ha messo in rilievo che la letteratura è una disciplina mischiata ad altri saperi.
— “La letteratura è indisciplinata e non riesco a smettere di ricordarmi di Guimarães Rosa, quando parla della necessità di camminare in direzione ad una terza riva del fiume. Non desideriamo essere né italiani né brasiliani: dobbiamo essere cosmopoliti” — valuta.
Nel frattempo, l’ammirato Nelson Pereira do Santos ha raccontato come i rapporti fra il cinema brasiliano e l’italiano si sono cristallizzati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’avvento del neo-realismo italiano, direttori, tecnici e direttori di fotografia, in Brasile.
“Quella produzione era di un’influenza statica da fare innamorare il mondo. Oggi, abbiamo la televisione come gran motore dei film, in particolare, dei documentari. I direttori italiani, filmano per essere visti alla televisione. Sono anche passati per un processo di adattamento” commenta l’immortale. Nelson valuta la necessità di consolidarsi un accordo di produzione fra il Brasile e l’Italia che riscatti un’estetica propria.
— “Penso che siamo nel momento giusto perché l’Ancine [agenzia nazionale del cinematografo] dia più attenzione al progetto di produzione fra i paesi. L’accordo che abbiamo era del tempo delle produzioni e delle tecnologie di bassa qualità. È così, è impossibile non copiare ciò che è fatto negli Stati Uniti” — decreta.