Comunità Italiana

Ucciso un palestinese al confine con Israele

Un palestinese è stato ucciso dal fuoco di militari israeliani nel Sud della striscia di Gaza. Nell'incidente altri sette palestinesi sono rimasti feriti. Lo riferisce un giornalista dell'ANSA sul posto.
Secondo le prime informazioni l'incidente è avvenuto nella zona agricola di al-Qarara, presso Khan Yunes, nel Sud della striscia, quando un gruppo di persone ha cercato di raggiungere appezzamenti di terra vicini alle linee di demarcazione con Israele.

SONDAGGIO, PER 49% ISRAELIANI PROSEGUIRE OPERAZIONE – Era necessario proseguire l'operazione a Gaza, ma il cessate il fuoco accettato dalla leadership israeliana, sembra per il momento non avere grandi conseguenze per il governo di Benyamin Netanyahu, la cui maggioranza di centrodestra resta salda. Lo rivela – a due giorni dalla tregua – un sondaggio del quotidiano Maariv che oggi ne pubblica i risultati. Il 49% del campione si è detto favorevole ad un proseguimento di 'Colonna di Nuvola'; al contrario, il 31% ha espresso l'opinione che bisognasse accettare la tregua. Il 30% degli intervistati non ha invece espresso alcuna preferenza. Il sondaggio rivela anche un altro dato: il 41% dello stesso campione si è schierato contro una presenza permanente in zona dell'esercito anche se questo comportasse lo stop al lancio di razzi. A favore sarebbe invece il 29%, mentre il 30% non ha espresso alcuna opinione. Per quanto riguarda le preferenze politiche alle prossime elezioni del 22 gennaio – anche in rapporto alle vicende legate al conflitto -, il sondaggio ha indicato che il Likud del premier Netanyahu, insieme a Israel Beitenu del ministro degli esteri Avigdor Lieberman, avrebbe 37 seggi sui 120 a disposizione nel parlamento. Seguirebbero i laburisti con 22 posti e poi tutti gli altri. In sostanza, il blocco di destra (Likud-Israel Beitenu e gli partiti, compresi quelli religiosi) manterrebbe una solida maggioranza con 67-68 seggi su 120 a disposizione nella Knesset, il parlamento israeliano. Se poi Tizpi Livni, l'ex ministro degli affari esteri sotto il governo di Ehud Olmert dei centristi di Kadima, si dovesse presentare con un suo proprio partito – come sembra, almeno secondo quanto riportano i media oggi – guadagnerebbe soltanto 6 seggi. E non cambierebbe in ogni caso la forza dell'attuale maggioranza.

di Massimo Lomonaco e Virginia Di Marco
Non per tutti è 'tregua'. Nel cessate il fuoco – che per ora regge – tra Hamas e lo Stato ebraico i cittadini del sud d'Israele, quelli più colpiti dai razzi lanciati nei mesi scorsi e durante l'operazione 'Colonna di Nuvola', non nascondono "confusione e frustrazione" e si chiedono se non fosse stato meglio andare fino in fondo. Una frustrazione cavalcata – a due mesi dalle elezioni – anche da una parte dell'opposizione politica, a cominciare da Shaul Mofaz, leader dei centristi di Kadima, che critica il governo Netanyahu per i tempi scelti per la tregua e denuncia il mancato raggiungimento degli obiettivi dell'offensiva. Di questo senso di frustrazione – che ovviamente non è generale ma che secondo un sondaggio della tv Canale 10 porta una maggioranza relativa di israeliani a riconoscere come legittimi i proclami di vittoria di Hamas di queste ore – spunta traccia persino fra gli uomini in divisa. Come dimostra il gruppo di riservisti che in una fotografia shock non ha esitato ieri a sbeffeggiare il premier Netanyahu come "un perdente nato, senza attributi". Intanto, lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, ha reso noto che sono stati arrestati gli autori dell'attentato contro un bus a Tel Aviv ieri mattina. Si tratta di "membri della cellula della località di Beit Lakya (vicino Ramallah) legata ad Hamas e alla Jihad islamica" che "hanno riconosciuto durante gli interrogatori di avere pianificato attentati contro gli israeliani" e "di avere scelto Tel Aviv come loro obiettivo"reclutando un cittadino arabo-israeliano di Taibeh' (città arabo-israeliana vicina a Tel Aviv) per compiere l'attentato.

Del resto, la maggior parte dei commenti della stampa israeliana, se pure approva sostanzialmente il cessate il fuoco, esprime parecchi dubbi sulla tenuta dell'accordo. Non pochi nutrono un certo "scetticismo" e sono inclini a ritenere l'intesa provvisoria: visto che, come ha notato con l'ANSA l'ex portavoce del governo Avi Pazner (peraltro d'accordo con il sì alla tregua), è mancato il "colpo del ko" contro Hamas. Conscio dell'approssimarsi delle elezioni politiche di gennaio, Benyamin Netanyahu – alfiere da sempre della linea dura, almeno nelle parole – è dovuto scendere direttamente in campo per difendersi, mentre Israele ha cominciato il ritiro dei mezzi pesanti e delle truppe schierate a ridosso della Striscia : "Tutti gli obiettivi sono stati raggiunti", ha assicurato in risposta alle voci critiche, sostenendo che la tregua "é la migliore decisione in questo momento" dopo i pesanti colpi inflitti alle "organizzazioni terroristiche". In ogni modo ha avvisato che se "la tregua sarà violata" Israele è pronto a tornare all'azione. Il cessate il fuoco, comunque, per ora resiste. E ieri – dopo otto pesanti giorni di raid israeliani e razzi palestinesi, segnati da oltre 160 morti a Gaza e sei in Israele, centinaia di feriti, paura e distruzione – è sembrata tornare la calma: anche se la tensione accumulata ha fatto scattare per errore le sirene d'allarme ad Ashqelon. Sono molti gli analisti a sottolineare che una rottura non serve in questo momento né ad Hamas – che deve decidere cosa fare del "credito" conquistato con il mondo arabo – né ad Israele. Considerazioni che non trattengono però la gente del sud di Israele: "I razzi di Hamas sono ancora una minaccia – ha detto all'ANSA Alon Shuster, capo del Consiglio regionale di Shàar Hanegev, una delle zone più colpite dalla pioggia di missili – non sappiamo se i gruppi terroristici al di là del confine abbiano intenzione, capacità o voglia di rispettare il cessate il fuoco. Certo, se le armi taceranno davvero, allora saremo contenti. Ma avremmo preferito farla finita una volta per tutte" con il gruppo islamico al potere nella Striscia. Il vicepremier Dan Meridor, in dichiarazioni all'ANSA, ha ammesso che "molti israeliani avrebbero sperato una continuazione delle operazioni militari". Un sentimento "comprensibile", ha detto, sottolineando tuttavia che il governo deve "avere una visione più ampia e strategica rispetto a quella del singolo cittadino". "Se poi Hamas non dovesse rispettare il cessate il fuoco, allora – ha concluso – tutte le opzioni sarebbero in mano nostra e agli occhi del mondo saremmo ancor più legittimati a rispondere". Da Gaza continuano peraltro a risuonare le grida di trionfo dei leader e dei militanti di Hamas, convinti di aver fermato "il nemico sionista" anche grazie al nuovo ruolo di mediazione del Egitto post-Mubarak del Fratello musulmano Mohamed Morsi. Mentre sul piano diplomatico l'Autorità nazionale palestinese del presidente moderato Abu Mazen prova a recuperare posizioni rilanciando – a dispetto dell'opposizione israeliana e dei moniti Usa – l'iniziativa a Palazzo di Vetro per "il riconoscimento della Palestina come Stato non membro dell'Onu": andremo dritti allo scopo, ha tagliato corto il negoziatore capo Saeb Erekat, confermando il 29 novembre come data per la resa dei conti dinanzi all'Assemblea generale.

Fonte: Ansa