Le prossime elezioni italiane coincidono con il periodo più difficile per l’economia dal dopoguerra ad oggi
Non è un voto qualsiasi, quello per i quali oltre quaranta milioni di italiani saranno chiamati a votare il prossimo mese di febbraio. Non che ci siano elezioni importanti e altre meno.
Tutte le volte che, in democrazia, i cittadini sono chiamati a votare per scegliere i loro rappresentanti al Parlamento si compie il più alto e nobile atto di partecipazione politica che un cittadino possa esercitare. Spesso, purtroppo, sono i politici a non onorare questo gesto nobile e per certi versi sacro, facendo prevalere interessi personali o del proprio gruppo o fazione politica sul bene comune. La conseguenza di tali gesti, anche se espressione di singoli parlamentari o di gruppi minoritari, è la riduzione dell’arte della politica ad un mero esercizio del potere e quindi l’aumento del discredito e della disillusione dei cittadini rispetto alle stesse istituzioni democratiche.
Ma torniamo alla nostra Italia e alla sua importante consultazione elettorale.
Dopo tre anni e mezzo di governo del centro-destra guidato da Silvio Berlusconi e un anno di governo di “emergenza” del senatore a vita Mario Monti, saranno finalmente i cittadini italiani – in Italia e all’estero – a scegliere la coalizione e quindi il leader che nei prossimi cinque anni avranno il difficile compito di fare uscire il Paese dalla più difficile crisi economica dal dopoguerra ad oggi.
Sul campo ci sono tre coalizioni e altrettanti candidati a Primo Ministro: da una parte il solito Berlusconi, che dopo diciassette anni di insuccessi e scandali si ripropone all’elettorato con un mix di demagogia e populismo in grado forse di recuperare qualche consenso ad un centro-destra in ‘caduta libera’ nei sondaggi, ma certo di ottenere una nuovo successo elettorale; al centro abbiamo il cosiddetto “Terzo Polo” (l’Udc e il Fli dei due ex Presidenti della Camera Casini e Fini), che punta sulla candidatura a ‘premier’ di Mario Monti che, smessi i panni del tecnico super-partes, entra in campo con le sue ricette neo-liberiste orientate alla più rigida ortodossia economico-finanziaria europea; a completare il quadro il terzo contendente, che tutti i sondaggi danno per favorito: la coalizione progressista guidata dal vincitore delle primarie del centro-sinistra Pierluigi Bersani, con un programma di governo che con lo slogan “l’Italia giusta” vorrebbe mantenere i conti in ordine puntando allo stesso tempo su coraggiose politiche di crescita e sviluppo.
Una scelta importante, quindi, quella degli italiani; una scelta che anche questa volta riguarderà oltre quattro milioni di nostri concittadini all’estero, dei quali oltre un milione vive in America Meridionale, la ripartizione elettorale che eleggerà quattro deputati e due senatori.
Non sarà facile, per il poco tempo a disposizione e per la coincidenza con le ferie estive ed il carnevale, sensibilizzare e coinvolgere ad una partecipazione massiccia oltre che consapevole l’elettorato sudamericano, e in particolare “brasiliano”.
ComunitàItaliana è uno dei pochi e lodevoli esempi di organo di informazione che si rivolge in maniera specifica a questo pubblico, svolgendo un’azione meritoria di informazione e approfondimento essenziali ai fini dell’aumento della partecipazione al voto degli italiani residenti in Brasile o dei brasiliani con cittadinanza italiana.
Nel nostro caso, vale la pensa ricordarlo, l’esercizio del voto ha un doppio significato: oltre alla responsabilità di concorrere alla scelta dei parlamentari e quindi dei partiti che formeranno il nuovo Parlamento (e di conseguenza il governo del Paese), l’elettorato italo-brasiliano ha nelle proprie mani l’altrettanto grande responsabilità di mantenere ed eventualmente rafforzare la presenza nel Parlamento italiano di uno o più suoi rappresentanti.
Il nostro “collegio elettorale”, infatti, è dominato dagli italo-argentini che rappresentano quasi il 60% degli elettori; da ciò deriva la predominante presenza “argentina” in Parlamento, con addirittura quattro dei cinque parlamentari eletti in Sudamerica. Un peso eccessivo, se si pensa agli oltre trenta milioni di italo-discendenti brasiliani e – soprattutto – agli almeno trecentomila in attesa di vedere riconosciuta dai consolati la loro cittadinanza. Anche per questo motivo la responsabilità di chi vota è grande: gli italo-brasiliani non possono correre il rischio di rimanere senza voce in Parlamento, anzi dovrebbero rafforzarla.