I nostri partners europei possono insegnarci qualcosa: impariamo
La luce fioca delle calli quando è notte, il piccolo antico ponte sull’acqua scura, la buia solennità della chiesa dei Frari, la nebbia rada delle piazzette deserte, la semplice raffinatezza dei salotti sul canale, due capesante sulla terrazza dell’hotel Monaco, le antiche rovine di Torcello in un pomeriggio di sole, il rosso sbiadito delle case di Burano: la Venezia meno nota, senza il chiasso scomposto dei turisti, è un prezioso merletto, delicato e ineguagliabile, da toccare con delicatezza. Le cronache sulla corruzione legata al Mose, un progetto che dovrebbe salvare le cose belle di Venezia, hanno colpito duro, come un pugno in piena faccia, come una bestemmia urlata in un luogo sacro. Difficile da accettare. Ma non dovremmo stupircene, anzi. È un progetto di cui si parla da quindici anni, che doveva costare ai contribuenti 1,6 miliardi di Euro, che ora già ne costa quasi 6: come pensare che Venezia la verginella non avrebbe attratto gli avvoltoi? Così come sono stati attratti dalla Milano dell’Expo, dall’Aquila ferita dal terremoto, dalle opere della Maddalena per il G8, dalle altre cento e cento opere pubbliche che l’Italia ha realizzato negli ultimi decenni. Non possiamo esserne sorpresi, quando basta aprire un giornale per sapere che l’Italia è al 69º posto al mondo tra i paesi meno corrotti – persino il Ghana è meno corrotto – e, tra i paesi europei, è quello con la più alta evasione fiscale. Mi rifiuto di credere che gli italiani nascano con il gene della disonestà nel DNA. Ad essere disonesti ci spingono la cultura e la mancanza di sanzioni adeguate.
L’Italia povera e divisa dei secoli passati ha abituato la gente ad arrangiarsi e essere egoista. Il bene comune è sacro, purché non leda il mio interesse. La patria è sacra, quando gioca l’azzurra. Le opere pubbliche sono necessarie, ma non nel mio cortile. Si taglino molti ingiusti benefici, ma non i miei. È sempre stato così, e nulla deve cambiare. Quindi, quando si chiede ai cittadini di pagare i conti con la tessera del bancomat per combattere l’evasione, come si fa in tutti i paesi civili del mondo, si strepita, si abbaia alla luna, si protesta in nome della vecchietta novantenne che ha difficoltà a pagare il panettiere. Ma non si cita il professionista che vuole essere pagato in contanti, al nero, per evadere le tasse. La busterella che corrompe colui che deve decidere chi vincerà l’appalto? È prassi, fa parte del “sistema”. Se questa è la cultura che abbiamo assimilato non lamentiamoci se siamo tra i paesi che si distinguono per livello di corruzione ed evasione fiscale.
Se vediamo cosa accade nei paesi occidentali, ci rendiamo conto che c’è corrispondenza diretta tra rigore delle pene e livello di corruzione e di evasione fiscale. In sostanza: si riconosce che l’uomo non nasce santo e che tende a fare i propri interessi anche a scapito dell’interesse pubblico, ma nei paesi dove le sanzioni sono più dure per chi non osserva le leggi la gente tende ad essere più onesta. In altri termini, laddove corrotti, corruttori e evasori fiscali vanno in galera, c’è meno corruzione ed evasione fiscale. Sembra quindi un problema relativamente semplice: basta fare leggi dure contro i disonesti e applicarle, in tempi rapidi per evitare la prescrizione dei reati. Semplice? Forse no, se osserviamo che le blande norme del nostro ordinamento resistono agli anni e nessuno le vuole veramente inasprire. Abbiamo addirittura avuto, pochi anni fa, un governo che ha voluto l’abolizione del reato di falso in bilancio, che altro non è se non una truffa degli amministratori di una impresa ai danni di terzi e azionisti minori. Una preghiera per Renzi: non guardi in faccia nessuno e promuova leggi che prevedono la galera, dura quanto possibile, per chi non paga le tasse, chi corrompe e chi si fa corrompere.
Siamo in Europa e ci conviene. Non è l’Europa che vorremmo perché troppo grande e, per vari aspetti, il divario tra gli stati membri. Ci si aspetta che questo divario diminuisca negli anni. Oggi i paesi del nord-Europa vantano il più basso livello di corruzione nel mondo. I condannati in galera per reati amministrativi sono in Germania il 5% dei detenuti; in Italia sono lo 0,15%. Non si nasce santi nei paesi del nord: essere virtuosi è il risultato della loro cultura e delle leggi vigenti. Questi paesi sono nostri partners in Europa; impariamo da loro.