Il premier – che oggi pomeriggio replicherà alla Camera – ha citato la “tempesta perfetta” che ha investito l’Ue l’anno scorso – Brexit, migranti, crisi economica – sostenendo che, ad un anno di distanza dal 23 giugno 2016, “ci troviamo di fronte a uno scenario diverso”. Ricordato che “la posizione italiana non è favorevole – visto che c’è una discussione di questo genere in Europa – né ad una hard Brexit né ad una soft Brexit. Penso che abbiamo bisogno di condurre questo negoziato con l’obiettivo di una chiarezza nei rapporti tra un Paese così importante e l’Unione europea, e che, per parte italiana, dentro questa chiarezza, deve esserci in particolare chiarezza sui diritti e sul destino delle centinaia di migliaia di nostri concittadini che risiedono nel Regno Unito”, Gentiloni ha sostenuto che “si potrebbe dire che Brexit sia stata una robustissima sveglia per il progetto europeo, e forse ricorderemo – chissà – il voto inglese, più che come l’inizio della fine del progetto dell’Unione, come un campanello d’allarme che ha rimesso il progetto dell’Unione al centro della discussione pubblica nel nostro continente. Diciamo almeno una cosa: il progetto dell’Unione, proprio nel suo momento più critico, di quella tempesta perfetta cui accennavo prima, ha confermato la propria vitalità; resta un progetto centrale per il nostro futuro”.
Il Premier ha quindi ricordato Helmut Kohl, cancelliere tedesco cristiano-democratico scomparso venerdì scorso, uno “dei protagonisti della parte buona del Novecento, che è stato il secolo delle tragedie ma anche il secolo della ricostruzione, della pacificazione, dello sviluppo economico”, ha detto Gentiloni, prima di citare un suo intervento all’Assemblea nazionale francese di 25 anni fa. In quella occasione, ha ricordato il Premier, “Kohl ammoniva dicendo che gli spiriti del male non sono stati banditi per sempre dall’Europa; a ogni generazione si pone di nuovo il compito di impedire il loro ritorno. Bene, ora questo compito è il nostro, è il compito di chi governa, di chi ha responsabilità politiche e di chi ha responsabilità in generale nelle nostre società. Ora che si riscopre la vitalità del progetto, resta attuale il compito di bandire gli spiriti del male, che hanno portato a quella prima parte del Novecento che non possiamo dimenticare”.
“E con orgoglio – ha aggiunto – io rivendico il fatto che questa vitalità del progetto europeo è stata incoraggiata e in parte anche, se volete, scoperta proprio qui a Roma, nel mese di marzo, nell’occasione di quella dichiarazione comune per i sessant’anni dei Trattati di Roma, dei Trattati dell’Unione. Ora abbiamo questa responsabilità, ora che l’Unione, superpotenza tranquilla (come qualcuno l’ha definita), ha uno spazio geopolitico maggiore di prima, semplicemente per il fatto che il nostro principale alleato, che naturalmente resta il nostro principale alleato, cioè gli Stati Uniti, ha adottato una linea che lo vede più concentrato sulle dinamiche e sulla dimensione interna e sugli interessi economici del proprio Paese, apparentemente, almeno in questa fase, meno proiettato sul piano politico e commerciale sugli scenari globali. La superpotenza tranquilla ha uno spazio da riempire, dal punto di vista geopolitico, che la interpella”.
Il progetto dell’Unione
“certamente è più che mai attuale, ma l’Unione deve cambiare”, ha ribadito Gentiloni. “Noi dobbiamo avere l’orgoglio e il coraggio di tenere assieme questi due elementi, cioè di dire con forza che ci riconosciamo nel carattere strategico del progetto dell’Unione, ma che al tempo stesso, perché questo carattere strategico sopravviva, cresca e si sviluppi, c’è bisogno di cambiare”.
La crescita dell’eurozona “è migliore del previsto, ma ciò significa, a maggior ragione, che la crescita non può essere soffocata da regole che sono state concepite in un periodo diverso, in un’epoca di crisi e difficoltà in cui sarebbe stato molto audace e difficile immaginare una crescita europea del 2 per cento, quella che va profilandosi nel 2017 e negli anni seguenti. Questa crescita ha bisogno di una vera unione monetaria, di politiche del lavoro e degli investimenti”.
“Non bastano i numeri e non bastano i decimali”, ha sostenuto il Presidente del Consiglio. “Europa significa lavoro, welfare, inclusione e crescita: è questo che ha determinato il successo del modello europeo, sia nei nostri Paesi che in quelli che sono entrati in Europa, e che determina oggi la sua capacità di attrazione a livello internazionale”.
Quanto al Consiglio di domani e dopodomani, i lavori si concentreranno su due questioni: “la prima è la questione della sicurezza e della difesa, che naturalmente è di drammatica attualità”, l’altro “le migrazioni”. Sul primo fronte, Gentiloni ha spiegato che il Consiglio servirà anche a discutere il “perfezionamento di alcune misure molto specifiche di scambio di informazioni sui viaggi e sugli ingressi e le uscite sul territorio europeo”, ma anche la sicurezza della rete “che è lo strumento della nostra libertà, non può diventare il terreno di coltura della minaccia alla nostra sicurezza”. “Credo che la difesa compirà nel Consiglio di domani e dopodomani – e noi ci batteremo per questo – un ulteriore piccolo passo in avanti (si procede per piccoli passi ed è inutile illudersi e non vedere la gradualità di questo percorso) sul terreno di una maggiore e più integrata difesa europea”, ha aggiunto. “Come sapete, la Commissione ha proposto un fondo comune per la difesa europea. Il suo presidente, Juncker, ha parlato della possibilità, attraverso questo fondo comune per la difesa, di risparmiare tra i 25 e i 100 miliardi di euro, a seconda dell’intensità e del ritmo con cui si lavorerà in questa direzione nei bilanci dei diversi Paesi sulla difesa”.
Quanto alla immigrazione, “dobbiamo dirci onestamente che, nonostante qualche passo in avanti, la velocità con la quale l’Unione europea si muove sul terreno delle politiche comuni per l’immigrazione resta drammaticamente al di sotto delle esigenze di governo e di gestione di questo fenomeno. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo e lo diremo apertamente anche a Bruxelles. Certo, – ha osservato – si potrebbe rivendicare che si è ottenuto qualche risultato, almeno sul terreno simbolico. Proprio in quest’Aula avevo parlato alcuni mesi fa del fatto che per l’Italia era inaccettabile l’idea di una sorta di Europa a due diverse rigidità”, ha accusato Gentiloni. “Abbiamo bisogno di andare molto più rapidamente verso una politica comune; penso alla politica comune che l’Italia ha proposto nei confronti dell’Africa. Ha fatto bene il presidente Napolitano, qualche giorno fa, a ricordare l’importanza del rapporto tra l’Unione europea e l’Africa, che ci accompagnerà naturalmente nei prossimi decenni. Inoltre, si deve fare di più nei confronti degli sforzi che l’Italia ha messo in campo in rapporto con la Libia. Abbiamo aperto una strada: lo voglio dire molto apertamente alle senatrici e ai senatori. Lo abbiamo fatto anche prendendoci le nostre responsabilità come Paese, nell’aprire un’ambasciata, nello stipulare degli accordi con un Governo la cui fragilità si conosce perfettamente, nello stipulare accordi con le tribù che controllano la parte meridionale, al confine con il Niger, nell’investire su questi accordi e nel lavorare per rafforzare la guardia costiera, che fa capo al Consiglio presidenziale guidato dal presidente Serraj, nel muoverci in questa direzione e nel vedere che da questa direzione giungono alcuni primi risultati. Dalla guardia costiera libica, infatti, che fa capo al Consiglio presidenziale, sono state recuperate alcune migliaia di migranti nelle ultime settimane: è un fatto nuovo, che non dobbiamo “sbandierare” o esaltare troppo, ma che ci indica che una strada è stata aperta. Quello che vogliamo sapere dall’Unione europea è se, su questa strada che l’Italia ha aperto, c’è l’Unione europea alle nostre spalle, con le sue risorse e con il suo impegno politico, o se dobbiamo continuare a cavarcela da soli”.
Infine, “c’è una nota a margine nel Consiglio europeo di domani e dopodomani” che riguarda “i criteri da adottare per il trasferimento da Londra a Paesi dell’Unione europea principalmente di due grandi Agenzie, che attualmente hanno sede a Londra” cioè l’Autorità bancaria europea e l’Agenzia europea per i medicinali per cui l’Italia ha candidato Milano.
L’Italia chiederà che la scelta avvenga in base alla qualità della proposta e non ad una logica di compensazione. Concludendo, Gentiloni ha detto che “ci troviamo in un frangente per l’Europa di grandissimo interesse. Non c’è stato il crollo che molti avevano temuto o auspicato – a seconda dei gusti – ma non deve esserci l’illusione che l’Europa se la sia cavata, che vada bene così, che vada avanti nei binari prestabiliti. Proprio perché non c’è stato quel crollo, questo è il momento di investire per cambiare, per far crescere il progetto europeo. Un grande intellettuale inglese ha ricevuto quest’anno il premio Carlo Magno, Timothy Garton Ash, e nel riceverlo ha definito l’Europa come perennemente incompiuta e quindi – aggiungeva, forse ottimisticamente – anche sempre e per sempre giovane. Non so se sia vero che il fatto di essere incompiuta dia un dinamismo giovanile al progetto dell’Unione europea, ma so che su questo dobbiamo puntare; so che in questo momento c’è una grande opportunità, per l’Unione europea per ragioni economiche, politiche e geopolitiche globali, e so che, se avrà il sostegno del Parlamento, naturalmente con le distinzioni ovvie tra maggioranza e opposizione, il Governo italiano in questa grande opportunità potrà svolgere il ruolo che compete a uno dei grandi Paesi fondatori”. (aise)