{mosimage}Gherardo la Francesca, Ambasciatore d’Italia in Brasile, fa un bilancio del suo mandato e racconta come si sta preparando per la sua prossima destinazione, Paraguay, Paese confinante con il suo caro Brasile
Carismatico e comunicativo come un vero e proprio romano. Gherardo la Francesca, 68 anni, dopo tre anni e quattro mesi a capo dell’Ambasciata italiana in Brasile, andrà in pensione a fine mese e confessa che preparerà le valigie il 31 dicembre all’ultimo momento. Sua moglie Antonella, anche lei della carriera diplomatica, ricoprirà l’incarico di Ambasciatrice in Paraguay, dove si trasferirà con tutta la famiglia a febbraio.
Questi anni a Brasilia ammette “sono passati piuttosto rapidamente, sono stati molto intensi”. La Francesca spiega che un diplomatico deve saper fare un po’ tutti i mestieri, ma prima di tutto deve rappresentare il proprio Paese. L’Ambasciata italiana ha ottenuto molta visibilità tra i rotocalchi brasiliani e italiani grazie all’iniziativa del Momento Italia Brasile, che racchiudeva un calendario fitto di eventi per celebrare la lunga amicizia tra i due Paesi. Inoltre si è distinta con il progetto pioniero dell’Ambiasciata Verde, basato sull’uso delle energie rinnovabili. Durante il suo mandato però non sono mancati momenti critici: il 2011 è stato un anno molto delicato nei rapporti diplomatici tra Brasile e Italia dovuto al caso Battisti.
ComunitàItaliana – Nella sua prima intervista data a Comunità nell’agosto 2009, ha detto che tra le difficoltà esistenti sul piano finanziario per nuove azioni c’era l’assenza di gruppi bancari italiani in Brasile. Come vede la situazione a distanza di tre anni e mezzo?
Gherardo La Francesca – Qualcosa si sta muovendo, ci sono dei gruppi bancari che stanno mettendo piede e altri che stanno consolidando la loro presenza in Brasile. Ritengo che questo sia un fenomeno trainato dalla grande presenza imprenditoriale: è logico che se le imprese italiane e industrie sono sempre più attive, il sistema finanziario non può non prenderne atto. Tutto ciò sta avvenendo, anche se i fenomeni non sono fulminei.
CI – Per quanto riguarda la presenza di aziende italiane in suolo brasiliano. Qual è il numero raggiunto?
GLF – È un numero in continua evoluzione. Adesso siamo arrivati a 742.
CI- Può fare un bilancio del suo mandato? Quali le conquiste?
GLF – Sono tantissime le cose da fare, qualcosa credo che siamo riusciti a realizzare e magari anche qualcosa che potrà servire per futuri sviluppi.
CI – Un evento marcante è stato il Momento Italia Brasile (MIB). Come si è concluso questo “viaggio” iniziato ad ottobre 2011?
GLF – È stato indubbiamente un successo con questa conclusione importantissima: siamo entrati nel Palazzo Presidenziale con le opere di Caravaggio che è stato preso d’assedio da lunghe file. La mostra ha battuto tutti i record a Brasilia. Il fatto di aver potuto registrare in questi anni una continua crescita dei rapporti bilaterali, un incremento che non ha sofferto neanche tanto delle perturbazioni finanziarie ed economico commerciali che hanno colpito tutte le economie del mondo negli ultimi anni. Questo dimostra che è una tendenza consolidata.
CI – Il MIB ha stimolato la rete della presenza italiana in Brasile?
GLF – Con il MIB abbiamo dovuto mobilizzare tutte le risorse di cui disponevamo. Non risorse finanziarie, perché data la situazione italiana, non avevamo questo tipo di aiuto. Forse delle volte la scarsezza di risorse finanziarie, può essere uno stimolo per trovare soluzioni alternative importanti. Quello che ne è uscito fuori è un quadro aggiornato e completo che comprende 742 imprese, 461 associazioni dei circoli italiani, 101 uffici della rete consolare. Tutte antenne importantissime in un territorio sconfinato come quello del Brasile. Questo ci ha dato anche lo stimolo per immaginare, ideare e mettere in pratica dei progetti importanti.
CI – Che tipo di progetti?
GLF – La creazione di un call center che possa servire a tutta la rete consolare. Attualmente il sistema è quello tradizionale, se qualcuno ha bisogno di informazioni per rinnovare un passaporto, per fare una procura o una pratica di certificazione si rivolge al proprio Consolato. Attualmente abbiamo sei centralini che saranno unificati in un unico call center.
CI – Quali sono i vantaggi?
GLF – Il primo vantaggio è quello di beneficiare delle economie di scala, creando una struttura unificata che corrisponde a esigenze di razionalità. Il secondo è quello di armonizzare le risposte e anche le procedure. Un’iniziativa importante che sarà collegata a un secondo progetto, l’insegnamento a distanza dell’italiano. Stiamo lavorando alla creazione di un sistema a distanza dei docenti. Inoltre stiamo valutando la possibilità di lanciare un applicativo per smartphone in modo che sia una cosa tra il didattico e il divulgativo. I due progetti sono collegati perché dal momento in cui tutti coloro che hanno un interesse ed entrano in contatto con le autorità italiane, passano attraverso un unico call center che sarà attrezzato e molto più professionale, i sei fiumi che finora sono separati confluiranno in un unico estuario. A questo punto ci è venuta l’idea di sfruttare questa grossa confluenza per dare un ulteriore stimolo all’apprendimento dell’italiano.
CI – Sentendo le opinioni dei cittadini italiani e di chi aspira ad avere una cittadinanza, il tallone d’Achille sembra essere ancora le lunghe file d’attesa e la burocrazia. Il progetto del call center, può migliorare questa situazione?
GLF – Non si tratta di un esperimento che nasce dal niente perché il Consolato di Curitiba ha già realizzato un mini progetto, quindi noi già possiamo far nostre le esperienze maturate e le aspettative che noi abbiamo sono di migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi. Il centralino è il primo approccio quando una persona si rivolge alla rete consolare e ormai ci sono delle tecnologie che permettono un’efficienza maggiore rispetto al passato. Inoltre in questo modo possiamo liberare un po’ le risorse umane, perché in realtà così com’è assorbe un carico di energie e di ore di lavoro eccessivo e forse non proporzionato al risultato che si ottiene. Quello che il centralino può fare è un primo filtro, dando rapidamente e con efficienza professionale una prima risposta che soddisfa una grossa parte dei richiedenti, i quali non vanno a intasare la fila.
CI – In questo mese è stata avviata la terza fase dell’Ambasciata Verde, in cosa consiste?
GLF – È un progetto che mi ha dato molta soddisfazione. Sta camminando in maniera autonoma perché non è più un progetto solo dell’Ambasciata, è un progetto che stiamo portando avanti con il Politecnico di Torino in Italia, l’Università di Brasilia (UnB) in Brasile e altre Università stanno entrando. L’entrata di partner di alto livello scientifico ci fa salire di livello. La terza fase consiste nell’aggiunta di un’importante attrezzatura che è un piccolo impianto di microgenerazione eolica. Noi adesso produciamo l’energia con i pannelli fotovoltaici, ma esistono oggi delle realizzazioni che non sono le stesse che si usano per gli impianti di grandi dimensioni. Sono dei cubi di un metro e mezzo di lato che girano come una ventola, anche con vento modesto e hanno un rendimento diverso dall’energia solare. La cosa che sta stimolando molto i ricercatori delle università coinvolte è quella di poter fare il matching fra due sistemi di generazione diversi. Quindi l’Ambasciata d’Italia a Brasilia sarà il laboratorio più completo per lo studio di applicazioni delle energie verdi. Un’altra cosa importante è che tutti i dati relativi a produzione e consumo di energia dell’Ambasciata verranno elaborati con un apposito software e messi a disposizione di chiunque ne abbia interesse, come centri di ricerca, imprese che considerano questi dati utili per preparare con maggiore precisione dei business plan.
CI – Oltre alle tante soddisfazioni, immagino che in questi anni vi siano stati momenti critici e meno facili, come il caso Battisti.
GLF – La vita non è una favola dipinta di rosa e i momenti critici possono verificarsi anche nei rapporti più solidi e profondi come quelli fra l’Italia e il Brasile. È vero abbiamo avuto dei momenti difficili. Il 2011 è stato un anno un po’ complicato.
CI – È stato convocato due volte per consultazione dal Governo Italiano. Come ha gestito questo momento?
GLF – Io penso che nei momenti di difficoltà bisogna cercare di mantenere una certa serenità, cercare di vedere tutto il quadro complessivo e non soltando le cose di segno non positivo. Credo che questo in qualche misura sia avvenuto. Un momento non privo di difficoltà che non sono state completamente risolte o accantonate, però questo momento difficile è stato gestito con capacità e con coscienza del fatto che si inseriva in un contesto di più ampie dimensioni.
CI – Il mese scorso sono state esposte delle sue fotografie al Museu Nacional dos Correios a Brasilia. Oltre ad essere Ambasciatore, è anche fotografo?
GLF – È un hobby che ho coltivato nel tempo. Sono convinto del fatto che alle volte bisogna mettere la testa in cose completamente diverse perché ha un effetto salutare. Io credo che sia importante perché aiuta ad avere un equilibrio, ad avere sensibilità in alcuni aspetti e alla fine dei conti io sono convinto anche del fatto che aiuta a lavorare anche meglio. La cultura e l’arte devono essere un canale di comunicazione; penso che un diplomatico debba cercare il più possibile di comunicare con il mondo nel quale si trova ad operare. Alla fine dei conti se ci pagano uno stipendio, un biglietto aereo per andare dall’altra parte del mondo, questo è soprattutto per svolgere una funzione di collegamento e di catalizzatore che favorisca sinergie tra partner dei due Paesi. Dobbiamo rappresentare un Paese straordinario, come non ce ne sono altri e che ha una realtà ricca, complessa e sfaccettata che non finiamo mai di scoprire.
CI – Ha qualche rimpianto, qualche posto che voleva vedere che non è riuscito a conoscere?
GLF – La realtà del Brasile è così articolata e complessa che tre anni e mezzo non bastano. Di luoghi che non sono riuscito a visitare ce n’è soprattutto uno, ma il rimpianto non è tanto. Il posto dove non sono riuscito ad andare è il Pantanal, ma sto per trasferirmi in Paraguay e ci andrò da lì. Certo mi dispiace lasciare il Brasile.
CI – Sua moglie Antonella, anche lei della carriera diplomatica, è stata nominata Ambasciatrice in Paraguay. Come funziona nella vostra famiglia? Vi alternate i ruoli?
GLF – Io andrò in pensione il 31 dicembre e per una inaspettata fatalità ci trasferiremo ad Asunción, perché noi stavamo tristemente preparando i bagagli per rientrare a Roma con i figli di 9 e 16 anni. È giunta questa proposta a mia moglie a settembre. All’inizio c’è stata un po’ di perplessità e sorpresa, perchè tra l’altro il Paraguay non è molto conosciuto tra i Paesi dell’America Latina, però ha una realtà interessante che penso sarà piacevole da scoprire. Dopo il primo momento di sorpresa, la reazione è stata positiva. Mia moglie ha fatto un grosso sacrificio di carriera per la famiglia, questo bisogna dirlo, il fatto che le abbiano proposto questo ruolo è una dimostrazione di grande stima per le sue notevoli capacità professionali.
CI – È inutile chiedere se soffrirà di saudade
GLF – Per matar a saudade c’è un’ora e quaranta di aéreo da Asunción.